Le parole dei picchiaduro a incontri
Parry, zoning, cancel, fighting pass, season pass: come si può scrivere di giochi di combattimento e come si sceglie di farlo in Italia.
Ciao,
qualche giorno fa ho finito Street Fighter 6. Cioè, intendo dire che ho finito la modalità Arcade. Con un solo personaggio. A livello di difficoltà standard. Un tempo mi sarei vergognato all’idea di diffondere pubblicamente i dettagli della mia pochezza, ma mio figlio oggi ha iniziato la prima elementare e i tempi dell’amor proprio sono sepolti chissà dove. Nonostante questo non posso fare a meno di provare ogni nuovo episodio di Street Fighter, anche se gli anni in cui mi ci dedicavo anima e corpo sono ormai consegnati alla storia e, anzi, posso dire che sia successo per davvero solo con Street Fighter II. Forse perché poi, poco per volta e come succede quasi sempre (quasi), anche Street Fighter è andato complicandosi e aggiungendo meccanismi e sovrastrutture. Che cos’è oggi Street Fighter 6 o qualsiasi altro picchiaduro, tra i grandi nomi sopravvissuti al periodo d’oro degli anni Novanta? Quale è il pubblico che hanno in testa Capcom (Street Fighter), NetherRealm (Mortal Kombat) e ArcSystem (Guilty Gear) quando preparano i loro giochi? E come bisognerebbe parlare a quel pubblico? Di carne al fuoco ce n’è e non penso che riuscirò a esaurire l’argomento in una sola puntata, ma vediamo come va.
Buona lettura!
Scrivi come meni
Sono quasi trecento le voci incluse da Wiktionary nel glossario dedicato ai giochi di combattimento1, che dalle nostre parti chiamiamo picchiaduro a incontri. Si parte con “2-1 combo”, si arriva a “zoning” e una parte molto consistente delle definizioni di ogni parola è puntellata a sua volta da una costellazione di altri termini specifici dal significato mediamente inafferrabile (da chi non studia o pratica la materia).
Non è essenziale conoscerli tutti per potersi divertire. Come accade spesso, può succedere di saper maneggiare ciò che quelle parole descrivono, senza conoscerne mezza. Per dirne una: può capitare di perseguire regolarmente una tattica basata sullo zoning, senza avere il minimo sospetto che qualcuno, da qualche parte, la chiami in quel modo. Tutte quelle parole dei picchiaduro servono quasi unicamente a chi deve parlare di picchiaduro e cioè i giocatori professionisti (o aspiranti tali) e quelli che, anche senza aspirare a diventarlo, condividono con i “pro” lo stesso approccio, rigoroso e approfondito.
Nei miei anni nella redazione di IGN mi sono chiesto più volte quale registro dovessero adottare gli articoli di alcuni categorie di giochi e in particolar modo le recensioni. È una scelta che dipende direttamente dal pubblico a cui ci si vuole rivolgere con quegli articoli. Se ci si riempie le mani di una terminologia oscura alla maggior parte dei giocatori, si restringe il (potenziale) pubblico ai soli impallinati. Facendo il contrario, si mantengono aperte le porte a tutti, anche a quelli che passano di lì per caso, ma si rischia di non soddisfare le curiosità dei più esperti o di dare l’impressione di non saperne abbastanza della materia.
Ho la convinzione che chi voglia leggere un pezzo che va estremamente in profondità, lo faccia rivolgendosi a pubblicazioni (o creatori di contenuti) che si occupano esclusivamente di un genere, se non addirittura solo di un gioco
Quando ho avuto la responsabilità di dover dare delle indicazioni ai collaboratori che si sono occupati di quegli articoli, ho sempre preferito abbassare i toni e “asciugare” il discorso, chiedendo di rendere i testi quanto più comprensibili e adatti anche a un pubblico di semplici curiosi. A volte ha funzionato e a volte no, ma la mia convinzione è che IGN fosse una pubblicazione mainstream rivolta alla fetta più ampia possibile di lettori. In questo mi ha anche sempre sostenuto la sensazione che chi voglia leggere un pezzo che va estremamente in profondità, lo faccia rivolgendosi a pubblicazioni (o creatori di contenuti) che si occupano esclusivamente di quel genere, se non addirittura solo di quel gioco.
Il discorso potrebbe andare avanti ancora per un bel po’, ma sono convinto che siano sensati entrambi gli approcci: quello ultra-specializzato e quello più leggero. Molto dipende anche dal tipo di articolo che si sta scrivendo (o dal video che si sta registrando e così via). Il resoconto di una prova di una versione preliminare può entrare maggiormente nel dettaglio ed essere molto descrittivo, perché deve introdurre il gioco e le sue meccaniche. La valutazione del gioco completo può concedersi di sorvolare su alcune questioni ormai date per conosciute e concentrarsi sulla valutazione.
In un articolo di pochi giorni fa, Diego Cinelli di IGN ha riportato le impressioni che ha maturato dopo una prova di una versione ancora in fase di sviluppo di Mortal Kombat 1 (nel frattempo resosi disponibile, grazie a Warner Bros, su tutti i formati).
Ѐ successo di recente a Street Fighter 6: la riduzione del danno imposta alle combo che seguono una Drive Parry perfetta è sembrata a molti (me compreso) esagerata finché Kakeru non ha portato a casa la vittoria, all’importante competizione Gamers8, contro il campione in carica di EVO 2023 con una quantità incredibile di parry.2
Per quanto non sia esattamente all’oscuro del significato di “parry” e “combo” e abbia più di un’infarinatura sulle situazioni di gioco offerte dai picchiaduro a incontri, devo rileggere alcune volte questo passaggio per comprendere a fondo di cosa si stia parlando. Il fatto stesso che si tiri in ballo la scena competitiva professionistica la dice lunga. Cinelli, con cui ho lavorato e che ho rispettato fino a quando non mi ha umiliato a Street Fighter 6, prosegue mantenendo l’attenzione sull’importanza del sistema dei movimenti nei picchiaduro a scorrimento e in particolare in Mortal Kombat 1. Si può dire che il suo articolo abbia voluto andare in profondità, senza alcuna paura.
Multiplayer e Tommaso Pugliese, a loro volta alle prese con una prima valutazione in corsa di Mortal Kombat 1, prendono tutt’altra strada. In mezzo a una descrizione facilmente digeribile dello stile di combattimento dei personaggi a disposizione nella versione preliminare del gioco, l’unica considerazione tecnica riguarda il gioco online:
Durante le prime ore della beta abbiamo invece avuto qualche difficoltà con gli scontri online, nel senso che il matchmaking sembrava incapace di abbinare giocatori con un valore di latenza accettabile e spesso e volentieri ci siamo trovati a dover riavviare la ricerca o accettare ping alti, anche se poi in concreto il rollback netcode ha fatto il suo dovere, mantenendo una buona reattività generale.3
Spostando lo sguardo altrove, le cose non cambiano di tanto. Bandai Namco ha in programma di pubblicare a gennaio del 2024 il nuovo episodio di una delle saghe più longeve del genere, Tekken. Tekken 8 è stato provato in anteprima dalla stampa specializzata a luglio. Per Multiplayer Aligi Comandini, un punto di riferimento quando si parla di gente che si mena sullo schermo, ha preparato un articolo molto equilibrato (e godibile, per come la vedo io). Anche in questo caso, comunque, non mancano i passaggi in cui la terminologia del genere prende possesso di qualche passaggio, anche se si sarebbe potuto spiegare lo stesso concetto in maniera più semplice. Quasi che l’utilizzo di certe parole, in questo contesto, sia inevitabile. Anche in mezzo a un articolo pensato senza alcun dubbio per adattarsi a frequentatori occasionali delle arene virtuali.
Siamo rimasti particolarmente sorpresi durante i test da Claudio, ad esempio, che ora mantiene gli enormi buff del suo status unico (una carica energetica chiamata "Starbust") per tutta la durata dell'Heat; o Bryan, che ora può surriscaldarsi e ottenere nuove serie di colpi dalla velocità terrificante.4
Con “buff” si intende un vantaggio o un potenziamento, non solo quando si parla di picchiaduro a incontri. Messo nelle stesse condizioni, Diego Cinelli non tradisce la sua impostazione e affronta l’argomento del rollback senza mai preoccuparsi di spiegare cosa sia, neanche molto sommariamente.
L’infrastruttura che gestisce le modalità online di Tekken 8 si basa sul sistema rollback.5
Il voler dare per scontata la conoscenza di alcune dinamiche ormai considerate banali, come il rollback appunto, è una scelta condivisa anche nell’articolo su Tekken 8 che Antonello “SchiacciSempre” Gaeta scrive per Everyeye.
Arriviamo alle note dolenti, che riguardano purtroppo una componente ormai fondamentale dell'esperienza di gioco: il multiplayer. Il rollback netcode è considerato elemento imprescindibile di ogni picchiaduro, e purtroppo in questo Closed Network Test risulta davvero mal implementato.6
La singola parte di commento che Gaeta dedica al rollback di Tekken 8 è riportata anche in una “notizia”7 a sé stante, come si usa fare di tanto in tanto, per dare maggiore visibilità a degli specifici passaggi di articoli più lunghi. Ecco il primo commento a quella notizia:
Scusate la domanda, ma cosa significa rollback netcode?
Visto che ho a disposizione Diego Cinelli, gli ho chiesto di spiegare ai lettori di questa newsletter cosa sia il rollback nei picchiaduro a incontri. Ha accettato (colpa sua che non ha cambiato numero di telefono da quando ho lasciato la redazione di IGN).
Mentre il delay netcode, per far sì che le informazioni arrivino sugli schermi dei due giocatori contemporaneamente, compensa il ritardo di una delle parti mettendo praticamente in pausa l'altra, il rollback utilizza un sistema basato sulla previsione dello stato dei personaggi sullo schermo, momento dopo momento.
Immaginiamo una situazione abbastanza comune in un picchiaduro 2D tradizionale. Il giocatore A sta attaccando il giocatore B, costretto a bloccare i colpi in arrivo, ormai con le spalle al muro. Nel momento in cui il giocatore A decide di sferrare un nuovo attacco, tra i due utenti si registra un ritardo nella comunicazione - poche decine di millisecondi, sufficienti però a creare un distacco tra le due macchine.
Qui subentra il rollback, che in mancanza di informazioni analizza la situazione. Dato che il giocatore B era rimasto fino a quel momento in parata, il sistema decide che è plausibile che questo stato si prolunghi ancora per una piccola manciata di frame, il tempo necessario all'arrivo delle vere informazioni dalla macchina del giocatore B.
Cosa succede se la previsione è errata? Mettiamo caso che il giocatore B abbia deciso di smettere di parare e di provare un contrattacco. Nel momento in cui l'informazione corretta arriva alla macchina del giocatore A, il sistema si sbriga a mettere a posto le cose, mostrando il vero stato del giocatore B sullo schermo. Se il lag tra i due utenti è minimo, l'azione di rollback (il ripristino dello stato corretto delle cose) risulta praticamente impercettibile; se invece i frame di distacco tra le due macchine cominciano a essere molti, la differenza tra la previsione e la realtà può farsi ben più brusca, con personaggi che si teletrasportano da una posizione a un'altra nel giro di un battito di ciglia.
L’uscita recente proprio di Mortal Kombat 1 potrebbe essere la scusa perfetta per tornare presto a controllare come si è scritto di un picchiaduro a scorrimento in Italia (e anche altrove). Ora però spazio a chi non sa cosa sia un Battle Pass, un Season Pass o un Fighting Pass: non per nulla la prossima sezione si chiama “Se non lo sai”, e potrebbe diventare un appuntamento fisso.
SE NON LO SAI
Battle Pass, Season Pass e Fighting Pass
Quando si parla di Fortnite, c’è una domanda che torna ciclicamente: “come fa a fare soldi?”. Il gioco di Epic, disponibile per qualsiasi formato, è un fiero portabandiera del genere “free to play”, quei giochi che non richiedono l’esborso di denaro prima di poter accedere ad almeno alcuni dei propri contenuti. In rete ci sono legioni di siti dedicati alla finanza e all’imprenditoria che hanno dato una risposta a quella domanda e la risposta è semplicissima: non paghi l’accesso al gioco standard, ma a una grande quantità dei suoi contenuti secondari e accessori. Il tramite che Fortnite usa per parlare con le carte di credito dei giocatori è principalmente il suo Battle Pass, attivo sin dal 2018.
Il Battle Pass di Fortnite è l’interpretazione più conosciuta di un modello proposto da Valve nel 2013 per il suo DotA 2. Si tratta di una serie di ricompense suddivise in livelli, a loro volta accessibili a seconda di specifici risultati ottenuti giocando. Le ricompense sono di solito limitate a elementi estetici, in qualche caso chiamati anche “vanity items” nei videogiochi: vestiti, colori alternativi, animazioni di vittoria, ninnoli digitali per i propri avatar o il proprio profilo nel gioco. È essenziale che il catalogo delle ricompense abbia una data di scadenza e infatti, a cadenza regolare, cambiano le “stagioni” dei vari pass e, con loro, anche i cappelli, i costumi, le emote e tutto quanto si possa sbloccare. Solo giocando continuamente e regolarmente nel tempo, senza interruzioni di giorni o settimane, si può così essere certi di mettersi in tasca tutto quanto offerto dal pass.
Questo tipo di pass ha nomi caratteristici e ispirati ai giochi o al genere di appartenenza. Spesso è presente in due forme: una gratuita e una a pagamento. Poco sorprendentemente, quella a pagamento mette sul piatto molti più elementi e contenuti di maggior pregio. Anche alcuni picchiaduro a incontri hanno abbracciato un simile modello: Street Fighter 6 ha il suo Fighting Pass e, per la versione premium che include ricompense più numerose e migliori, chiede 250 Fighter Coins (la valuta di gioco, in questo caso equivale a 4,99 €). Lo scopo di un modello simile è duplice: spingere i clienti a spendere dei soldi e mantenere costante la loro attenzione verso il gioco.
Queste soluzioni non vanno confuse con i Season Pass o equivalenti, che sono invece pacchetti di contenuti di maggior rilevanza, come fasi, modalità, personaggi o ambientazioni aggiuntive, rispetto a quanto incluso nel gioco “base”. Elementi che vengono resi accessibili direttamente dopo l’acquisto del pass, a patto che quel contenuto sia già stato reso disponibile dall’editore. Quello che finisce nei Season Pass rimane di norma acquistabile sempre e comunque, sia singolarmente che all’interno dei Season Pass (la disponibilità dei contenuti digitali meriterebbe un discorso molto più lungo). Nel caso dei picchiaduro a incontri, i Season Pass sono solitamente composti da qualche personaggio extra, da colori e costumi in più anche per i combattenti già inseriti nel gioco standard e da arene nuove. Tutto viene distribuito nei mesi successivi al lancio del gioco.
VERBA MANENT
Per chi sono pensati i Battle Pass
La rivista statunitense PC World ha pubblicato un editoriale interessante e condivisibile, che spiega da dove arriva l’esigenza dei Battle Pass (o come li si voglia chiamare) e a che tipo di giocatori siano destinati. E quindi anche perché con altri tendano a non funzionare affatto.
L’articolo si chiama: Invece che spingermi a giocare di più, i Battle Pass mi stanno facendo giocare di meno - Per leggerlo clicca qui.
BONUS!
L’altro Kombat Pass
Negli anni di PlayStation 3, Xbox 360 e Wii il settore dei videogiochi ha provato a risolvere il problema dei rivenditori di giochi usati, su tutti Gamestop. Per gli editori un videogioco viene venduto solo la prima volta, è facile capire come non avessero particolare simpatia per le catene che trattavano la compra-vendita di giochi di seconda mano. Anche per questo si è scivolati con una certa velocità verso un mercato in prevalenza digitale.
Ma in quegli anni, quando infrastrutture, modelli di vendita e abitudini si mettevano ancora di mezzo al mercato digitale, per un breve periodo i publisher hanno provato a battere un’altra strada.
Attiva il tuo Kombat Pass per accedere ai contenuti online! La prima volta che giochi online, devi attivare Online Kombat con la tua Kombat Pass Card, inclusa nell’acquisto del gioco. Se il codice Kombat Pass è già stato utilizzato da un proprietario precedente, puoi acquistarne uno nuovo o godere di una prova gratuita di 48 ore dal menu di gioco.
I giochi che prevedevano elementi online, non per forza preponderanti sul resto delle modalità, hanno iniziato a inserire dei codici utilizzabili solo una volta. In questo modo, come spiegato qua sopra dalla pagina del Kombat Pass di Mortal Kombat (Warner Bros, 2011) per Xbox 360, tutti gli acquirenti di quella copia successivi al proprietario originale, avrebbero dovuto pagare qualche euro per un nuovo Kombat Pass che concedesse l’accesso alle modalità online.
Una vigliaccata? Beh, per fortuna è durata pochissimo. Oggi in Italia il 42% del software8 viene acquistato in forma digitale e solo il 15% in forma fisica (il restante 43% è composto da app che non sono giochi, su dispositivi mobili). Naturalmente non è possibile rivendere o prestare videogiochi in formato digitale e ci si deve accontentare di qualche forma di condivisione famigliare o extra-famigliare, solitamente complessa da attivare e modificare nel tempo.
UPDATE
Il problema del modello AAA
Nelle ultime settimane hanno parlato più o meno tutti dei documenti trapelati nel contesto relativo all’acquisizione di Activision Blizzard King da parte di Microsoft, sotto il vaglio della Federal Trade Commission degli Stati Uniti. Polygon ha isolato il contenuto di una email di Phil Spencer, Head of Xbox, in cui dà una sua interpretazione dell’evoluzione del ruolo dei grandi publisher di videogiochi.
Negli ultimi 5/7 anni, gli editori AAA hanno provato a sfruttare il livello produttivo come loro baluardo. Poche società possono permettersi di spendere i 200 milioni di dollari che Activision e Take 2 spendono per mettere sugli scaffali giochi come Call of Duty o Red Dead Redemption. Editori AAA simili hanno sfruttato il livello produttivo per mantenere le loro serie di maggior successo in cima alle classifiche di vendita di fine anno.
Mi pare che dia una lettura inedita di quanto è successo e sta succedendo. O, comunque, molto lontana da quanto si dica quotidianamente sulle testate specializzate. Il tutto si collega alla questione delle dimensioni dei giochi, sollevata dalla puntata di alcune settimane fa di questa newsletter9.
Per leggere l’intero articolo di Polygon, (clicca qui).
NEXT-GEN
Nella prossima puntata
Nelle migliori edicole vostre caselle email lunedì 9 ottobre!
SEMIRETRO
Nelle puntate precedenti
Nintendo prima nasconde e poi ricicla (25 settembre)
Quando abbiamo dato 11/10 a Super Mario Galaxy (18 settembre)
La decrescita felice di Assassin’s Creed Mirage (11 settembre)
Cross play, Cross save e la ricerca di uno standard (4 settembre)
Una gran bella recensione di Starfield (1° settembre)
Grazie a Floriana Grasso per la rilettura e le correzioni.
“You sai I’m tragic / I say it’s magic, kid” (The Smashing Pumpkins)
Questa puntata è lunga oltre 18.000 caratteri, che corrispondono a più di 4 pagine su una qualsiasi rivista di videogiochi da edicola. Nel 1996 mi sarebbe stata pagata circa 100 euro da Studio Vit (calcolato su 140.000 lire con InflationHistory.com). Nel 2003 oltre 250 euro da Future Publishing.