Da PlayStation Portal a PSP
E dal "Walkman del 21° secolo" a un accessorio tra tanti: lo stile di Sony nella comunicazione delle sue console portatili.
Ciao,
in questa puntata delle Parole dei videogiochi l’attenzione è per le console portatili del mondo PlayStation. Lo spunto è Portal, il “remote player” già introdotto generalmente da Sony qualche mese fa, ma presentato con qualche dettaglio in più in questi giorni. L’aggancio con le vicende delle due console portatili commercializzate negli ultimi vent’anni da Sony è automatico, anche se tecnicamente ingiustificato (e anche un po’ crudele, nei confronti di PlayStation Portal).
Nella seconda parte della newsletter c’è anche spazio per tornare a parlare di retrogaming, riprendendo il discorso dell’ultima puntata grazie a un nuovo intervento di Lorenzo Fantoni e a un altro suggerimento molto, molto interessante.
Buona lettura!
PlayStation Portal: evoluzione della specie?
Il comunicato con cui Sony ha presentato PlayStation Portal fotografa con freddezza chirurgica la natura del progetto: non una console portatile, come già noto, ma un “lettore remoto”. “Lettore remoto” è il corrispettivo in italiano scelto da Sony di quel “remote player” con cui l’azienda ha deciso di inquadrare, in tutto il mondo, PlayStation Portal. Che è il nome definitivo dell’hardware portatile inizialmente annunciato con quello provvisorio di PlayStation Q. A onor del vero il nome PlayStation Portal è azzeccato, perché comunica con estrema precisione la funzione del nuovo dispositivo PlayStation. Di fatto sarà un portale che consentirà di accedere ai contenuti installati sulla propria PlayStation 5, attraverso lo streaming dei dati, e non un hardware unico, per cui verranno elaborati giochi o applicazioni specifiche.
In May, we gave a quick peek at our dedicated PS5 remote play device – now called PlayStation Portal remote player1
A maggio abbiamo offerto una breve anteprima del nostro dispositivo di riproduzione remota PS5 dedicato, ora noto come PlayStation Portal2
Nonostante tutto, mi sento un po’ smarrito e confuso, di fronte alle parole scelte da Sony per mettere nero su bianco il senso di PlayStation Portal. Sarà perché, prima d’ora, non mi era mai capitato di incontrare un “dispositivo di riproduzione remota PS5 dedicato”. O forse perché i dispositivi che supportano la funzione di riproduzione remota di PlayStation 5 sono già ovunque da un pezzo: personal computer, smartphone e tablet. Ma questo è “dedicato” e allora eccoci, è questo il senso di PlayStation Portal. Potrebbe essere pochino e forse per questo Sony prova a gonfiare il petto subito dopo.
PlayStation Portal is the perfect device for gamers in households where they might need to share their living room TV or simply want to play PS5 games in another room of the house.
PlayStation Portal è il dispositivo perfetto per i gamer che potrebbero avere bisogno di condividere il TV in salotto o semplicemente di giocare ai giochi per PS5 in un’altra stanza.
Con PlayStation Portal è difficile lasciarsi trascinare dalle emozioni, anche perché di promesse e suggestioni affascinanti se ne intravedono poche. La nuova proposta di PlayStation è parte di una serie di annunci legati all’espansione del parco accessori per PS5: ha infatti accompagnato la presentazione di un nuovo headset (Pulse Elite) e di nuovi auricolari (Pulse Explore), tutti con il marchio ufficiale di PlayStation. Non una console, non nuovi mondi, non esperienze differenti e panorami da scoprire, ma aggeggi extra con cui approfondire il rapporto con quello che si ha già in casa.
E ora una pausa per un breve tuffo nella storia…
BONUS!
PlayStation TV
Tra il 2013 e il 2014 Sony portò nei negozi di tutto il mondo PlayStation TV, un piccolo apparecchio dai pochi guizzi, sia nell’estetica che nelle funzioni. Le premesse non erano tanto male: con PlayStation TV si sarebbero potuti trasmettere i giochi dalla propria PlayStation 4 di casa a un altro televisore, grazie allo streaming dei dati e al supporto dei controller Dual Shock 3 e Dual Shock 4.
PlayStation TV avrebbe anche potuto contare sull’ingresso per le schede gioco di PlayStation Vita, così da trasportare WipEout 2048 dalla console portatile fino allo schermo in camera o salotto, e supportava lo streaming di alcuni contenuti digitali. Il prezzo di lancio venne fissato a 99 €, ma la storia di PlayStation TV si interruppe già nel 2016 con lo stop alla produzione e alla distribuzione. Una nota: PlayStation TV non va confusa con PlayTV, un vero e proprio sintonizzatore di canali TV in digitale terrestre per PlayStation 3, distribuito a partire dal 2008.
Torniamo al lavoro…
Sono passate generazioni dagli annunci di PSP, la prima console portatile realizzata da Sony nel 2004, e PlayStation Vita, seconda e ultima a raggiungere i negozi nel 2012. La distanza nel tempo è la stessa che si segnala nell’ambizione di quei progetti con questo di PlayStation Portal. Uno scarto evidente anche nei proclami delle press release.
“Just as PlayStation and PlayStation 2 revolutionized in-home computer entertainment, we aim to become a new driving force in the portable entertainment platform arena. The world of PlayStation encompasses hundreds of millions of users worldwide, most of whom view computer entertainment as part of their everyday lives. We look forward to extending the experience through a portable entertainment platform, and are excited about the possibilities and impact 'PSP' will have on the market. Along with game applications, 'PSP' will have a huge potential for delivering other forms of entertainment as well as live entertainment through the network, anywhere, anytime.”
Ken Kutaragi (allora Presidente e CEO di Sony Computer Entertainment)3
Così come PlayStation e PlayStation 2 hanno rivoluzionato l’intrattenimento digitale casalingo, puntiamo a diventare una nuova forza motrice anche nel settore dei videogiochi portatili. Il mondo di PlayStation include centinaia di milioni di utenti in tutto il mondo, la maggior parte di loro ritiene che l’intrattenimento digitale faccia parte della vita di tutti i giochi. Il nostro obiettivo è estendere le loro esperienza grazie a una piattaforma di gioco portatile e siamo esaltati all’idea delle possibilità e dell’impatto che ‘PSP’ avrà sul mercato. Oltre ai giochi, ‘PSP’ ha il potenziale per offrire altre forme di intrattenimento, tra cui anche eventi dal vivo attraverso la rete, ovunque, in qualsiasi momento”.
A PSP sarebbe toccato il compito molto ingrato di provare ad arginare il successo di Nintendo DS e in parte ci riuscì. Secondo i dati comunicati da Sony nella primavera del 2011, quando PlayStation Vita era ormai in dirittura di arrivo, erano state vendute 70 milioni di console PSP in tutto il mondo. Il più grande risultato per una console portatile che aveva osato sfidare il monopolio di Nintendo, ma non fu abbastanza. Non lo fu perché Nintendo DS in quei mesi si dirigeva spedita verso i 144 milioni di unità in mano ai giocatori4 e perché Sony era abituata a spazzare via tutto e tutti, come testimoniato dai toni utilizzati nel comunicato stampa citato qua sopra. Eppure è assurdo infilare PSP nel cestone dei mezzi successi, perché, al di là degli ottimi numeri, mise assieme anche un catalogo di videogiochi sconfinato e spesso sorprendente.
“This is the 'Walkman' of the 21st century”
Ken Kutaragi
[PSP] è il "Walkman’ del 21° secolo
Riferendosi ai record della famiglia PlayStation, ci hanno provato in tanti a tirare fuori il paragone con Walkman, il prodotto di massa di maggior successo della storia di Sony (almeno prima di PlayStation), ma anche uno degli oggetti che hanno saputo segnare un’epoca come pochissimi altri. Qui è lo stesso Ken Kutaragi, ideatore di PlayStation fin dai primi anni Novanta, ad azzardare il passo. Non andò proprio così per PSP, ma è questo il modo di aggredire verbalmente (e non solo) il mercato che di solito si riconosce nello stile comunicativo di PlayStation.
PS Vita introduces new ways to play, delivering deep and immersive gameplay experiences that have never been offered on any other handheld gaming device. Equipped with dual analog sticks, a vibrant 5-inch high definition OLED multi-touch screen, powerful quad core processor, six-axis motion sensing system, built in microphone, and front and rear cameras, PS Vita is the ultimate portable entertainment system.
(Dal comunicato stampa dedicato al lancio in Nord America ed Europa di PlayStation Vita, 28 febbraio 2012)5
PS Vita porta con sé nuovi modi per giocare, offrendo esperienze di gioco coinvolgenti e profonde come mai se ne erano viste su di una console portatile. Con due stick analogici, i colori caldi dello schermo multi-touch OLED da 5 pollici, un potente processore quad-core e il sistema di rilevamento dei movimenti su sei assi, il microfono integrato e le due fotocamere (frontale e posteriore), PS Vita è il sistema di gioco portatile per eccellenza.
Anche se personalmente non ho mai scoperto quali fossero i “nuovi modi di giocare” permessi da PlayStation Vita, è innegabile che anche l’erede di PSP seppe ben figurare, almeno fino a quando le venne consentito di farlo. La storia di PlayStation Vita è stata incomprensibilmente breve: appena a Sony fu chiaro che Nintendo, con Nintendo 3DS, avrebbe di nuovo mantenuto la leadership nell’ambito delle console portatili, Vita uscì dai radar. Già un paio di anni dopo il lancio, gli annunci di nuovi progetti di rilievo sviluppati dagli studi di Sony andavano cercati con il lanternino. E spesso si rimaneva con un bel nulla tra le mani.
Un vero peccato, perché PlayStation Vita si presentò non solo con una dotazione di giochi convincente fin dal lancio e con input finalmente comparabili a quelli dei controller da casa (su tutti svettava la presenza del doppio stick analogico, disponibile per la prima volta su una console portatile), ma anche con uno schermo OLED che nel 2012 era avanguardia pura. PlayStation Portal ha uno schermo LCD.
Altre considerazioni su “retrogaming”
La puntata dedicata al termine “retrogaming” ha suscitato una certa quantità di reazioni e di commenti (si può recuperare cliccando qui). Tra le reazioni, anche le segnalazioni di almeno un documento che ci racconta ancora di più del periodo in cui si iniziò a parlare di retrogaming, quello in cui si diffusero gli emulatori di vecchi sistemi di gioco, sul finire degli anni Novanta. Si tratta di un vero e proprio manifesto, segnalato da Simone Zanella, che un gruppo di appassionati di emulazione e retrogaming inviò all’IDSA6, quale protesta per l’oscuramento di almeno un celebre sito che diffondeva copie digitali di giochi fuori commercio (le cosiddette “ROM” da dare in pasto agli emulatori). La notizia venne anche riportata nel newsgroup italiano it.comp.emulatori. I newsgroup sono stati i punti di ritrovo per discutere assieme su internet di specifici argomenti, prima della diffusione dei forum e molto prima dei social network.
Un passaggio in particolare racconta quanto fosse difficile provare, allora, a immaginare come si sarebbe evoluto il mercato, anche nei confronti dei videogiochi del passato.
Absolutely no-one is trying to say that there's no copyright on all these old games any more. No-one is trying to say "Well, if the owners don't care about a 20-year-old Atari VCS game, then it must be alright to pirate Tomb Raider 3". People aren't stupid, they know the difference. But where something isn't for sale anywhere, and is highly unlikely ever to be again, where's the harm in distributing it?7
A nessuno passa per la testa di dire che questi vecchi videogiochi non siano più sotto copyright. Nessuno dice “beh, se ai rispettivi proprietari non frega nulla di un gioco per Atari VCS di vent’anni fa, allora è giusto piratare Tomb Raider 3”. La gente non è stupida, conosce la differenza. Ma se parliamo di giochi che non sono più in vendita e che è molto improbabile che lo saranno di nuovo, che male c’è nella loro distribuzione (gratuita)?
Ancora su “retrogaming”: sempre per la puntata già citata, avevo chiesto un parere anche a Lorenzo Fantoni, appassionato di videogiochi, giornalista che ne parla e li racconta da un bel pezzo e curatore della newsletter Heavy Meta (consiglio di leggere e di iscriversi, si parte da qui). Poi per motivi da suddividere idealmente tra i rintronamenti di entrambi, il suo contributo è rimasto momentaneamente “congelato”. Recupero oggi, perché ne vale proprio la pena.
Il retrogaming è un fatto interessante perché, se ci pensi, è un’occasione per la nostra generazione e quella precedente di confrontarsi con una situazione quasi unica: fare i conti con una forma di espressione quasi contemporanea che improvvisamente viene secolarizzata.
Il risultato, come spesso accade quando si parla di nostalgia, va dalla consacrazione laica di certi titoli e certe situazioni, anche di roba che oggi non verrebbe toccata neppure con le pinze, alla feticizzazione di un certo tipo di estetica, tipo la famigerata “pixel art” che prima era solo “questo è il modo migliore per portare a schermo ciò che sto pensando”, passando per un sacco di roba di cui ci siamo dimenticati perché il capitalismo finisce per salvare solo ciò che può costantemente rivendere.
Ecco perché possiamo giocare Super Mario Bros in mille salse ma per Snatcher di Kojima, tanto per citare una roba neanche troppo oscura che mercato lo avrebbe pure, mi devo scaricare gli emulatori.
[…]
Se poi lo chiedi a me, per me il retrogaming è quello che, credo, dovrebbe essere studio, amore per un percorso creativo e tecnologico, analisi. Però allo stesso tempo è quella cosa per cui come prima cosa su ogni macchina retro gioco Final Fight, perché sì.
Aggiungo solo un movimento ritmato che annuisce, tra le altre cose particolarmente convinto di fronte alla questione dei Super Mario Bros. e degli Snatcher. Per fortuna ci sono anche casi molto virtuosi, come con alcuni giochi che hanno varcato i confini dei loro mercati per la prima volta unicamente grazie all’emulazione ufficiale (e non solo).
E varrebbe anche la pena perdersi in una lunga riflessione a voce alta sulla pixel art, su cosa sia, su cosa qualcuno pensa che dovrebbe essere e via così, continuando ad avvitarsi sulle parole… ma dopotutto, state leggendo “Le parole dei videogiochi”, no?
NEXT-GEN
Nella prossima puntata
Nelle migliori edicole vostre caselle email lunedì 4 settembre!
SEMIRETRO
Nelle puntate precedenti
Addio “retrogaming” (21 agosto)
Giocabile e alla vaniglia (14 agosto)
La “super console” di Sega (7 agosto)
Pikmin 4 e l’epoca dei non-giochi (31 luglio)
Grazie a Floriana Grasso per la rilettura e le correzioni.
I dischi che ho ascoltato questa settimana:
J Dilla - Donuts
Squid - O’ Monolith
El P - Fantastic Damage
Consiglia al mondo di leggere e iscriversi alle Parole dei videogiochi, potrai ottenere anche un piccolo premio. Per saperne di più clicca qui.
Questa puntata è lunga oltre 13.000 caratteri, che corrispondono a circa 4 pagine su una qualsiasi rivista di videogiochi da edicola. Nel 1996 mi sarebbe stata pagata circa 100 euro da Studio Vit (calcolato su 140.000 lire con InflationHistory.com). Nel 2003 oltre 250 euro da Future Publishing.
Interactive Digital Software Association, l’associazione di settore statunitense che riunisce i grandi produttori del settore e che, dal 2003, è conosciuta come ESA, Entertainment Software Association.