Ciao,
in altre puntate di questa newsletter ho già ribadito che non mi interessa molto parlare di etichette e di tutte quelle parole che usiamo per imporre una mezza illusione di ordine (a scapito della valorizzazione delle singole idee). Questa settimana mi addentro brevemente in una questione che può sembrare di lana caprina, e cioè cosa intendiamo quando parliamo e scriviamo di “retrogaming”. Spero, però, che i risvolti siano più interessanti rispetto al fermarsi a discutere del fatto che Metroid Prime fosse uno sparatutto o un’avventura.
Dato che la faccenda è comunque difficile da immobilizzare e inquadrare per bene, ho chiesto aiuto a qualche amico e collega (così, se viene fuori una schifezza, posso suddividere equamente le colpe).
Buona lettura!
Cosa intendiamo con “Retrogaming”?
A maggio del 1998, il mensile Zeta (di Edizioni Studio Vit) si presentò in edicola con una copertina dedicata agli emulatori, su cui campeggiava un’immagine di gioco di Donkey Kong (Nintendo, 1981). All’interno della rivista c’erano otto pagine dedicate a quella che l’autore1 dell’articolo definiva, un po’ gratuitamente, “The Next Big Thing”. In quelle pagine veniva presentata e valutata una dozzina di emulatori, cioè di software per computer che, in questo specifico caso, emula il funzionamento di console o comunque hardware da gioco. A patto di dare in pasto a questi emulatori le controparti delle cartucce, dei floppy, delle cassette o delle schede che in origine contenevano i giochi (anche loro sotto forma di file), si può sostanzialmente giocare a tutto. O meglio: tutto ciò che è stato realizzato in un periodo relativamente lontano nel tempo, per limiti e richieste hardware congenite nella natura degli emulatori. In nessuna di quelle otto pagine di Zeta si utilizzava il termine “retrogaming”.
Credo proprio che “retrogaming” sia arrivato più tardi, forse già nel nuovo millennio e comunque con questo termine si intende qualcosa di ben più ricco che il solo gioco attraverso l’emulazione di sistemi del passato. Trovare una definizione di “retrogaming” che accontenti tutti è difficile. Ho provato a indagare un po’ tra le pieghe degli articoli incontrati online sulla materia, senza grandi risultati.
In un’opinione pubblicata su LeNius2 e firmata da Luca Bertieri, il termine “retrogaming” viene presentato in questo modo.
Retrogaming è il termine linguisticamente economico con cui chiamiamo questo rivisitare giochi del passato e la stessa esistenza di un significante così specifico non è priva di interesse: se stasera attaccassi a leggere o rileggere un caro romanzo italiano di una dozzina di anni fa, diciamo Tutto il ferro della Torre Eiffel di Michele Mari, non mi sognerei mai di dire che sto facendo retro-reading.
Nel suo articolo Bertieri sostiene che il senso stesso dell’esistenza della parola “retrogaming”, cioè di un vocabolo pensato precisamente per identificare l’atto di giocare con videogiochi non-contemporanei, sia frutto di un equivoco, e cioè che si fatica ancora a riconoscere ai videogiochi un valore artistico. Non sono particolarmente d’accordo con questa tesi, ma è di certo interessante e mi è parso utile segnalarla, perlomeno per dare il via al discorso.
Alla base dell’idea di retrogaming c’è un punto fermo: riguarda i videogiochi, e gli hardware per cui sono stati creati, che sono ormai obsoleti e non più disponibili ufficialmente sul mercato. Sono quindi prodotti ormai consegnati alla storia… e alla passione di chi, appunto, vuole “fare retrogaming” o, addirittura, ci tiene a definirsi un “retrogamer”. Impostato questo cardine, rimane molto più complicato decidersi su quanto debba essere obsoleto il sistema di gioco originale. Qualche giorno fa ho proposto un sondaggio attraverso il mio account su Mastodon3:
Gran Turismo 3 è un gioco per PlayStation 2 pubblicato nel 2001, oltre vent’anni fa. Il numero di votanti è stato molto basso (ma coerente con il numero generale delle persone che segue quell’account) quindi il risultato vale quel che vale. Questo non toglie che una percentuale nemmeno troppo insignificante abbia ritenuto che un gioco pubblicato da oltre due decenni, per una console che è uscita di produzione da dieci primavere, non dovesse rientrare nella categoria del retrogaming. Sono convinto che chi ha circa trent’anni e ha giocato a Gran Turismo 3 all’epoca della sua uscita, non la pensi allo stesso modo. Quindi mi pare più logico dire che è retrogaming tutto ciò che ci appare come un videogioco che, come minimo, ci ricorda il nostro passato di videogiocatori o, in senso più largo, un periodo storico dei videogiochi che si è ormai concluso.
Ma ora una breve pausa con qualcosa di elegantissimo.
BONUS!
Un altro matrimonio per Famicom e Super Nintendo
Love Holtén si definisce un artista audiovisivo e un… lavoratore del legno. Vive a Goteborg, in Svezia, e tra i progetti che è possibile e addirittura doveroso ammirare sul suo sito4, ce ne sono svariati dedicati ai videogiochi del passato. Tra questi spiccano due progetti che Holtén ha assemblato seguendo la suggestione dei sistemi compatti tipici della prima Apple (il Macintosh del 1984): FC-PVM e SNES-PVM sono il risultato del matrimonio tra Famicom (la versione giapponese di Nintendo Entertainment System) e Super Nintendo con due monitor Sony della serie Trinitron da 9 pollici (modello PVM-9042QM).
Benissimo, dove eravamo rimasti?
Per provare a sciogliere il nodo ho chiesto anche il parere di due tra le persone che conosco che sono più appassionate di retrogaming. Secondo Andrea Babich, Narrative Director per Ubisoft Milan (Mario + Rabbids: Sparks of Hope), il concetto di “retrogaming” è elastico, per così dire.
“Per qualcuno il retrogaming più fulgido è quello dei loro 10-13 anni, no matter quando questi cadano, in epoca play, in epoca burger time, in epoca giochini sull'ipod 4 touch.”
Mi sono rivolto anche a Fabio Bortolotti, che, proprio assieme a Babich gestisce da molti anni una serie di iniziative legate al retrogaming (principalmente attraverso un canale Twitch: si trova qui).
“Retrogaming per me è una definizione prettamente merceologica, utilissima per comunicare l'impronta di determinati contenuti nell'epoca dei social network, ma nulla di più. La uso spesso per raccontare quello che faccio su Internet, ma dal punto di vista delle cose che mi stanno a cuore è completamente inutile. Anzi, è persin dannosa.
‘Ma la console X è retrogaming?’ / ‘Ma il retro da dove parte?’
Chiunque tirerà la riga in punti diversi, comprensibilmente, e nel farlo legherà il concetto alla sua esperienza e al suo rapporto col tempo.”
Sarò molto banale, ammettendo che sono d’accordo in tutto e per tutto con Andrea e Fabio: cercare di individuare il perimetro di ciò che si vuole indicare con “retrogaming” è uno spreco di energie. Per quanto mi riguarda è lo stesso termine a non aggiungere nulla e, anzi, a minacciare di portare con sé il diritto di assegnare patentini e licenze: tu sei un vero retrogamer e tu no.
Ci serve davvero il retrogaming?
Riparto proprio da dove siamo appena arrivati: a che ci serve utilizzare la parola “retrogaming”? Dovremmo smettere di farlo, abbandonarla in un angolo e fare finta che non sia mai esistita. A ben vedere è proprio questo il periodo storico più adatto a farlo, il problema è che ci siamo dentro da almeno una decina di anni e i risultati ancora latitano. Viviamo in un periodo in cui i videogiochi seguono qualsiasi strada e ispirazione, con la benedizione dei grandi editori (in varia misura). I publisher più importanti hanno asfaltato autostrade a cinque corsie su cui far viaggiare i ricordi, attraverso dozzine di riedizioni, remake e versioni rimasterizzate. Se da una parte c’è un gioco nuovo che nello stile e nelle idee si rifà a un gioco di trent’anni fa, dall’altra c’è quel gioco di trent’anni fa, incluso in una raccolta per i sistemi di oggi (console, PC e anche dispositivi smart).
A che ci serve utilizzare la parola “retrogaming”? Dovremmo smettere di farlo, abbandonarla in un angolo e fare finta che non sia mai esistita
Oggi l’idea di (video)giocare ha già saputo abbracciare ogni sua forma e ogni ispirazione che l’abbia fatta scaturire e lo fa perché c’è un pubblico numeroso, che va a riempire differenti fasce demografiche e che cerca esperienze altrettanto diverse. Al contrario, l’articolo di Zeta del 1998 si riferiva a una scena ancora minuscola e alla voglia e alla curiosità di un pubblico molto specifico. Molto probabilmente gli appassionati di videogiochi non erano ancora così tanti o, comunque, non ce n’erano ancora così tanti interessati alla dimensione nostalgica dei videogiochi (e cioè l’età media era più bassa di oggi) da spingere i publisher a trovare un modo per capitalizzare sulla faccenda.
Nel 2023 i videogiochi non sono più solo Starfield (Bethesda per Xbox), Marvel’s Spider-Man 2 (SCE per PlayStation 5) o The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom (Nintendo per Switch), ma sono tutto ciò che abbiamo già conosciuto e immaginato possano essere. Dai blip e blop di City Connection (Jaleco, 1985) ai movimenti dentro al mondo 3D della realtà virtuale di C-Smash VRS (RapidEyeMovers per PlayStation VR2).
Come dovremmo organizzarci allora? Ancora Fabio Bortolotti:
Invece che di retrogaming, mi piace semplicemente parlare di gaming. Se amiamo un medium e lo trattiamo con il rispetto che riserviamo all'arte, i concetti di nuovo e vecchio perdono il loro significato generazionale e diventano solo un set di coordinate temporali. […] Insomma, se io fossi il capo del mondo, il confine del retrogaming sparirebbe e la pratica di giocare, esplorando il presente e il passato, sarebbe considerata il modo normale e realmente libero di vivere il videogioco.
E ancora Andrea Babich:
Si [deve ammettere] che "retrogaming" è una parola di merda, come se tu a un party (esistono ancora i party?) te ne venissi fuori con ‘oh, sai, io ascolto retromusic’ o ‘a me piace il retrocinema’. E che cazzo. Facciamo crescere questo medium e liberiamoci di certe parolacce. Con naturalezza, individuiamo il segmento che ci garba. ‘Sai, sono appassionato dei giochi arcade del periodo pioneristico, anni Settanta e Ottanta!’ o ‘mi sono sparato la ludografia di Tokuro Fujiwara, certo che Hungry Ghosts è proprio un cult game!’. Oooh. Senti come è tutto più bello, sbagliato come quando parlano i cinefili vecchia scuola, ma almeno familiare.
Quest’ultima parte del discorso di Andrea mi piace particolarmente e mi ha fatto venire in mente una cosa curiosa. Quando qualcuno mi chiede quali siano le mie passioni, rispondo inevitabilmente che sono la musica e i videogiochi (in questo ordine). Svariate volte mi è stato poi ribattuto con qualcosa sulla falsariga di: “ah, e quale musica ascolti?”, che, secondo me, è comunque una domanda un po’ del cavolo, ma è un problema mio. Il fatto è che, invece, non mi viene mai chiesto “e quali videogiochi ti piacciono?”, quasi che l’offerta non fosse poi così sterminata e variegata. Sarà solo una questione d’abitudine e forse anche dell’età delle persone che mi ritrovo a frequentare: voglio supporre che a ventenni e men-che-ventenni, venga più spontaneo indagare sui gusti in fatto di videogiochi.
Batto idealmente il martelletto tre volte e dichiaro che “retrogaming” è un termine caratterizzato da tante sfumature, che ci può far pensare a molti aspetti dei videogiochi e anche ad alcuni ostacoli che ancora ci piazziamo da soli, quando decidiamo di parlarne o scriverne.
Prima di concludere, c’è spazio per un’altra definizione di “retrogaming”, trovata da Marco Citro5 su Reddit, fatta sua e che mi ha riproposto:
Every male has a short and unfortunate period where they discover girls and stop playing games... retro for me is anything you played before making this terrible, terrible mistake.
Ogni maschio ha un breve e tragico periodo in cui scopre le ragazze e smette di giocare… per me retro è tutto ciò che hai giocato prima di commettere questo terribile, terribile errore.
VERBA MANENT
Per me è nuovo!
Marc Normandin è l’autore della newsletter Retro XP, dedicata al retrogaming, cioè ai videogiochi con un po’ di anni sulle spalle.
Secondo me ha delle cose interessanti da dire e quindi: clicca qui per leggerla e iscriverti (o utilizza il modulo qua sotto).
Marc ha una produzione serrata e solo dal mese di luglio ha già dedicato ben 10 puntate alla serie di Bomberman, che ha soffiato (o forse fatto esplodere) 40 candeline. Oltre a occuparsi di giochi del passato in senso più generale, Normandin propone anche dei racconti delle sue esperienze con giochi di tanto tempo fa, ma che non aveva mai provato. Ha chiamato la collana così: “It’s new to me”, “per me è nuovo”.
In questi giorni c’è una nuova puntata della serie It’s new to me, dedicata ad Ace Combat 2 (Namco per PlayStation, 1997). Dentro c’è un po’ di tutto, perché Normandin si muove in ogni direzione ed è facile essere presi in contropiede. Quello che mi piace di più di questi articoli, è la dedizione con cui Normandin va in profondità e contestualizza il gioco in oggetto.
Consiglia al mondo di leggere e iscriversi alle Parole dei videogiochi, potrai ottenere anche un piccolo premio. Per saperne di più clicca qui.
NEXT-GEN
Nella prossima puntata
Nelle migliori edicole vostre caselle email lunedì 28 agosto!
SEMIRETRO
Nelle puntate precedenti
Giocabile e alla vaniglia (14 agosto)
La “super console” di Sega (7 agosto)
Pikmin 4 e l’epoca dei non-giochi (31 luglio)
EA Sports FC 24: il calcio cambia nome (24 luglio)
Grazie a Floriana Grasso per la rilettura e le correzioni.
I dischi che ho ascoltato questa settimana:
T Rex - The Slider
Squid - O’ Monolith
The Hives - The Death of Randy Fitzsimmons
Questa puntata è lunga oltre 14.000 caratteri, che corrispondono a circa 4 pagine su una qualsiasi rivista di videogiochi da edicola. Nel 1996 mi sarebbe stata pagata circa 100 euro da Studio Vit (calcolato su 140.000 lire con InflationHistory.com). Nel 2003 oltre 250 euro da Future Publishing.
Eccomi qua.
Se vi interessa, sono raggiungibile cliccando qui.
Ve l’ho presentato in questa puntata.
Il termine retrogaming è piuttosto vecchio. Ricordo che da metà anni novanta fino ai primi del duemila seguivo molto i gruppi su usenet ed il termine veniva già usato dagli appassionati, assieme a quello (caduto un po in disuso) di retrocomputing.
Chiaro che l'etichetta è mutata nel tempo: nessuno nel 1998 avrebbe definito "retrogaming" il giocare a un Super Mario RPG o a Crash Bandicoot. Sicuramente però all'epoca non era un termine sulla bocca di tutti come lo è invece oggi.
Un esempio del suo uso è in questo thread del 26 Aprile 1998: https://groups.google.com/g/rec.games.video.marketplace/c/jaYrHarkj_8/m/DfnbK0GUuZoJ