Analogue 3D e l'emulazione con un chip FPGA
Torna un Nintendo 64, ma ha un altro nome e c'è chi sostiene che non sia "solo" l'emulazione del passato.
Ciao,
questa è la nuova puntata delle Parole dei videogiochi. Per una volta tanto ho cercato di non dilungarmi troppo e così ho suddiviso in due parti l’argomento di questa settimana: prima “FPGA” e poi “le parole del Nintendo 64”. In questa prima newsletter parto dal recente annuncio di una nuova console in grado di utilizzare i giochi di Nintendo 64, per tentare di capire e spiegare come funzioni. Nella seconda parte, in arrivo mercoledì (a meno di imprevisti), mi dedico ad alcune delle parole che giravano attorno a Nintendo 64 nella notte dei tempi.
Buona lettura!
Analogue 3D
Un anno fa, di questi tempi, ero in attesa che dall’altra parte del mondo qualcuno mi spedisse un pacchetto. Quello che ci sarebbe finito dentro l’avevo comprato dodici mesi prima: un Pocket e un adattatore per le cartucce del Game Gear. Pocket è una console realizzata da Analogue, che è specializzata nella realizzazione di hardware da gioco che riprendono le funzioni e la compatibilità di quelli del passato. Pocket è una rilettura di Game Boy, Game Boy Color e Game Boy Advance ed è possibile utilizzare le oltre 2700 cartucce dei giochi prodotti per questi sistemi dal 1989 in avanti. E poi, con i giusti adattatori, anche quelle per le console Game Gear (Sega), Neo Geo Pocket Color (SNK), Lynx (Atari).
A differenza delle controparti originali, Pocket vanta uno schermo in linea con le aspettative di una clientela di questi anni: ha una risoluzione di 1650x1440 pixel e una densità pari a 615 ppi, pixel-per-inches (pixel per pollice), che è molto più alta di quella dello schermo di iPhone 15 (460 ppi), per capirci. Non solo: Pocket propone anche alcune comodità via software, come la possibilità di interrompere e riprendere il gioco quando si vuole o di catturare immagini, principalmente. Oppure di scegliere alcune particolari modalità di visualizzazione, tra cui quelle che imitano in maniera fedele la resa degli schermi originali, così da aggiungere ulteriori bruscolini negli occhi (e vangate al cuore).
Di recente Analogue ha annunciato il suo prossimo progetto e si chiama 3D. Questa volta l’obiettivo dell’adorazione è Nintendo 64, la console lanciata inizialmente nell’estate del 1996 da, ora vi sorprendo, Nintendo. La fase di prenotazione di 3D non è ancora cominciata e visto quanto successo con altri prodotti di Analogue, immagino che le prime disponibilità verranno bruciate in una questione di secondi. Facile anche prevedere che ci sarà da aspettare svariati mesi, prima che 3D venga prodotto ed effettivamente spedito.
Per Analogue, 3D è:
La rivisitazione dell’N64
A risoluzione 4K.
Capace di proporre modalità di visualizzazione originali.
In grado di riprodurre la visualizzazione di specifici modelli di schermi CRT e PVM.
La prima e unica soluzione aftermarket compatibile al 100% con tutti i giochi di ogni regione: USA, Europa e Giappone.1*
Per una newsletter che rumina terminologia a ogni puntata, ci sarebbe già materiale a sufficienza. In realtà vale la pena iniziare da “aftermarket”, che è la parola con cui si indica il mercato dei ricambi per auto, cioè di ciò che può essere acquistato per la propria auto, da rivenditori che non hanno nulla a che fare con chi ha costruito quell’auto. Non mi pare che l’utilizzo di “aftermarket” sia diffuso nei videogiochi, ma qui Analogue lo fa in maniera sensata: di fatto i suoi prodotti costituiscono un accompagnamento a quelli ufficiali (le console di dieci, venti o trent’anni fa). Per l’equivalente italiano potrei buttare lì un: “console di ricambio”, che non spiega tutto ciò che fanno questi agglomerati di chip e circuiti e schermi, ma è comunque un primo passo.
Poi c’è la faccenda di come si vedono i videogiochi. Così come fanno anche gli emulatori via software da sempre, anche le console di Analogue danno accesso a un ventaglio di opzioni. Si può sfruttare il proprio schermo con tecnologia LCD, LED od OLED, senza alcun artificio e godendo della pulizia dell’immagine e della “pienezza” dei colori che garantisce. Altrimenti si può attivare una delle modalità che simulano la resa visiva degli schermi dell’epoca, per cui erano pensate quelle “macchine”. E quindi gli schermi a tubo catodico (CRT) o, nel caso delle console portatili, quelli a cristalli liquidi (LCD).
NO, ASPETTA
E invece che cavolo è un PVM?
PVM (Professional Video Monitor) è la sigla che identifica i monitor utilizzati in ambienti professionali. Quelli realizzati negli anni ‘80 e ‘90 erano apparecchi CRT, quindi con un tubo catodico, ma che in genere potevano contare su di una maggiore definizione e un’affidabilità nei colori superiore rispetto ai televisori CRT che finivano nelle case private. Oggi quei modelli vengono ancora inseguiti con trasporto dai giocatori che cercano soluzioni di alto livello per le loro console di tanti anni fa. O per console di ricambio.2
FPGA: fu vera emulazione?
Parlando di 3D, come di tutti i suoi altri prodotti, Analogue ci tiene a sottolineare un aspetto che ritiene essenziale. 3D è:
Completamento progettato per FPGA
Nella pagina di 3D non esiste alcuna spiegazione del termine, perché Analogue sa che, se sei finito dalle loro parti, probabilmente sai già cosa si intende con FPGA (che sta per Field Programmable Gate Array). O, se anche non hai molte certezze sul significato preciso, probabilmente hai un’idea delle conseguenze dell’utilizzo di una tecnologia simile. Qualche riga a riguardo la si trova nella scheda di presentazione di Pocket3 e dice:
Analogue Pocket non è progettato per l’emulazione via software. È progettato per utilizzare uno specifico chip hardware chiamato FPGA, che lavora con i transistor per l’implementazione delle varie funzioni.*
Io ho chiesto ad Antonio Bellotta di provare a spiegarmelo. Antonio ha lavorato come sviluppatore di applicazioni su FPGA al CERN di Ginevra ed è un appassionato di videogiochi. Ecco come ha risposto:
Una definizione un po' semplicistica ma efficace è che l'FPGA è la "plastilina dell'elettronica digitale", nel senso che è un dispositivo programmabile in grado di essere modellato da un programmatore per diventare (almeno in teoria) qualsiasi circuito digitale.
È importante capire che questo tipo di chip è molto diverso da un microprocessore, ovvero le robe che sono in tutti i dispositivi elettronici comunemente usati. In un microprocessore di qualsiasi tipo sono già presenti strutture fisse e intoccabili che l'utente può programmare per i propri scopi. Ogni microprocessore, per quanto semplice, include almeno elementi base come un'unità di calcolo di qualche tipo, registri, memoria e strutture varie che l'utente non può modificare direttamente ma che può utilizzare (usando qualsivoglia linguaggio di programmazione) per raggiungere i propri scopi. Un FPGA, invece, è una tela completamente vuota in cui il programmatore può fare tutto, anche programmarlo per farlo diventare un microprocessore a patto di creare tutte le strutture necessarie. E alla fine è quello che succede nell'ambito della preservazione videoludica: tutti i circuiti, chip, memorie, tracce di una vecchia console vengono riprodotti, più o meno fedelmente, all'interno di un FPGA.
Accanto all’indicazione della natura FPGA delle sue console di ricambio, Analogue ricorda con orgoglio che “non si tratta di emulazione”. Ma è davvero così? In una puntata della newsletter ROM (Read Only Memo), si parla proprio di questo:
Nella pagina di Analogue 3D c’è scritto grande e grosso: “Non è emulazione!”. Marketing! Lo so, la filosofia di Analogue è realizzare hardware bellissimi in cui infilare le proprie cartucce e non vogliono che vengano avvicinati all’idea dell’emulazione “imprecisa” ottenibile via software, tipo quella di Nintendo con il Nintendo 64 sul servizio Switch Online. Ma comunque, dire che l’emulazione via hardware non è emulazione, suggerendo che sia congenitamente migliore di quella via software, è un po’ una supercazzola. Invece Analogue potrebbe spiegare per bene ai suoi clienti perché via FPGA si possa ottenere un’esaltante alternativa alla simulazione via software, ma mi rendo conto che non sarebbe efficace come scrivere grande e grosso “Non è emulazione!”.*
Quali sono i vantaggi garantiti dall’utilizzo di un sistema basato su un chip FPGA? Innanzitutto l’affidabilità dell’emulazione, e infatti Analogue dichiara che 3D (e non solo) è compatibile con tutte le cartucce prodotte per Nintendo 64 nella storia. L’esperienza finale è generalmente indistinguibile da quella che ci si ricorda o da quella che si può ancora ottenere utilizzando l’hardware originale, sia per compatibilità, che per funzionamento. Dentro il concetto di “funzionamento” ci possiamo mettere il comportamento delle cartucce che hanno al loro interno dei chip aggiuntivi4 e che a lungo hanno dato problemi nel caso di emulazione via software, così come l’assenza di ritardo nell’interpretazione e nell’esecuzione degli input (i comandi impartiti con i controller), così come dei loro effetti sullo schermo.
BONUS!
Polymega: il sistema modulare
Alcuni anni fa un progetto molto ambizioso ha attirato le attenzioni degli appassionati di videogiochi dell’altro ieri, salvo poi rimanere incagliato per molto tempo in problemi legati tanto al progetto in sé, quanto alla sua commercializzazione. Polymega è un sistema modulare di console di ricambio prodotto da Playmaji: l’unità di base è compatibile con i giochi su CD di PlayStation, Saturn, Mega CD, Sega Mega-CD 32X, TurboGrafx-CD e Neo Geo CD e include un controller realizzato ad hoc. Volendo si possono poi acquistare altri moduli hardware da collegare a quello di base, che allargano la compatibilità alle librerie di giochi per tutte le regioni di NES, Mega Drive, Super Nintendo, Turbografx-16 e Nintendo 64 (ciascun modulo è accompagnato da una controller realizzato ispirandosi a quello originale della console di riferimento).
Una delle comodità di Polymega è il suo sistema operativo, che può leggere e tradurre in “immagini” (file digitali) il contenuto delle cartucce e dei CD originali, in modo da potervi poi accedere senza doverli inserire di nuovo. Il database che si viene a creare è elegante e include descrizioni e immagini per ogni gioco e per un certo periodo Playmaji ha anche detto che avrebbe aperto un negozio digitale accessibile da Polymega, per acquistare e scaricare giochi (di catalogo o realizzati ex novo), ma non è mai successo.
Polymega avrebbe dovuto essere consegnato ai primi acquirenti verso la fine del 2018, con le prenotazioni che si erano aperte nello stesso anno. Eppure non si fece vedere prima di settembre del 2021, avendo accumulato così tre anni di ritardo. Non solo: il progetto iniziale prevedeva l’utilizzo di un chip FPGA per l’emulazione via hardware, ma nel 2018 Playmaji fece marcia indietro e decise di affidarsi a versioni modificate di emulatori software già esistenti.
Polymega è oggi disponibile per l’acquisto, ma chi vive in Europa deve tirare fuori quasi 600 euro (spedizioni incluse) per vedersi recapitata a casa la configurazione base. Ogni modulo aggiuntivo è venduto al prezzo di 75 euro. All’inizio del 2023 Playmaji ha annunciato5 di essere al lavoro su una app gratuita per PC che sostituisce le funzioni del modulo base di Polymega e su un servizio su abbonamento chiamato Polymega XL, che offrirà codici (trucchi) e accesso via cloud ai propri giochi. Chi non dovesse avere un lettore CD nel proprio PC, potrà acquistarne uno realizzato da Playmaji (Polymega Remix, 150 dollari) e che includerà anche la possibilità di collegare i moduli hardware aggiuntivi.
Per saperne di più, clicca qui.
* mia traduzione
NEXT-GEN
Nella prossima puntata
Nelle migliori edicole vostre caselle email mercoledì 1° novembre!
SEMIRETRO
Nelle puntate precedenti
La mia recensione di Super Mario Bros. Wonder (27 ottobre)
Spider-Man 2: recensire un gioco su licenza (20 ottobre)
Una puntata su Mortal Kombat (16 ottobre)
Quick travel: il paradosso dei videogiochi (9 ottobre)
Le parole dei picchiaduro a incontri (2 ottobre)
Questa newsletter è stata riletta e corretta da Floriana Grasso: se sei alla ricerca di qualcuno che ti corregga le bozze, prova a contattarla!
“The way you moved with me, like lovers anew / But we're past the point where the cracks began to show” (Röyksopp)
Questa puntata è lunga circa 12.000 caratteri, che corrispondono a oltre 3 pagine su una qualsiasi rivista di videogiochi da edicola. Nel 1996 mi sarebbe stata pagata circa 75 euro da Studio Vit (calcolato su 140.000 lire con InflationHistory.com). Nel 2003 oltre 187 euro da Future Publishing.
Questo paragrafo è stato approvato da Marco “Retrobigini” Citro: quello che i monitor dei videogiochi li fotografa.
Per Nintendo 64 non ci sono casi particolari, ma è sufficiente tornare al Super Nintendo per trovarne a dozzine.
giusto per far presente l'apprezzamento per le citazioni dei Röyksopp
https://pasteboard.co/D3TtzOEMYtB2.jpg
Ciao Zave!
Ce la meritiamo una uscita di "Le parole dei videogiochi" dedicata allo stile editoriale della serie "Iwata chiede" (attualmente evoluta e ribattezzata "Chiedi allo sviluppatore")?
Hanno uno stile molto particolare, pieno zeppo di precisissime citazioni e riferimenti, filmati, immagini, divise, particolarità grammaticali.
Cosa ne pensi? Sarebbe del buon materiale per la tua newsletter?