I Day One di 35 anni di videogiochi
Dieci giochi pubblicati in trentacinque anni di storia dei videogiochi, uno al giorno per la prima decade di febbraio.
Ciao,
questa puntata della newsletter andrà in onda in versione modificata per venire incontro alle smanie del suo autore (io). Per una volta non mi metto a fare le pulci alle parole dei videogiochi, ma ai videogiochi e basta. Anzi, al calendario dei videogiochi. Ho stilato un elenco con tutte le uscite secondo me degne di nota avvenute nei primi dieci giorni di febbraio, dal 1980 al 2015. Da questo elenco ho tirato fuori un gioco per ogni giornata e ho scritto qualcosa. A volte ho finto di trovarmi proprio in quel giorno di quell’anno, scrivendo di Quartet come se me lo fossi trovato davanti nel suo contesto originale. Altre volte mi sono affidato a dei ricordi personali. Spesso ho aggiunto una curiosità e per una di queste schede ho convinto un ospite a scrivere qualche riga.
Mi sono divertito un sacco nel preparare questa puntata: a partire dalla ricerca delle date (ho tenuto valida la primissima pubblicazione, a prescindere dalla versione), poi con le immagini dell’epoca e le curiosità. Ma anche a scattare nuove foto o a rovistare negli archivi dei press kit per recuperare delle illustrazioni preliminari. Questo formato di newsletter potrebbe diventare un appuntamento periodico.
Buona lettura!
Un quiz!
Quale di questi nomi corrisponde a un pugile di Punch-Out!! (Nintendo, 1984)?
Pizza Pasta
Orso Thunder
Joe Molle
La risposta è più in basso.
1° febbraio 1986 - Quartet
Quartet è uno sparatutto per quattro giocatori che si affida alle mirabili capacità della scheda System 16 per continuare a tenere alto il nome di Sega in sala giochi. L’obiettivo è raggiunto solo in parte. Quartet è colorato, veloce e affidabile nel sistema di controllo ma, a fianco di altri titoli realizzati su System 16, appare datato e dal fascino ormai limitato. Tra i baffi a spazzolone di uno degli eroi di Quartet e i lunghi capelli biondi che occupano il sedile del passeggero di Out Run, insomma, vincono questi ultimi.
Se sentite i colpi di un’arma da fuoco, vuol dire che il Quartetto sta combattendo una delle sue tante e coraggiose battaglie.
Dal materiale pubblicitario di Quartet per gli Stati Uniti
Qualcosa in più?
Quartet 2 non era il seguito di Quartet, ma una versione per soli due giocatori di Quartet. Anche nella conversione per Master System, la console a 8 bit di Sega, il gioco poteva essere affrontato da un massimo di due partecipanti, ma il nome rimase invariato in occidente. In Giappone, invece, l’edizione da casa venne pubblicata come Double Target: Cynthia no Nemuri.
2 febbraio 1994 - Sonic the Hedgehog 3
Sega pubblica Sonic the Hedgehog 3. L’occasione le è lieta per ampliare ulteriormente il cast: a Sonic the Hedgehog e Miles “Tails” Prower, si affianca Knuckles the Echidna. Il gioco è caratterizzato anche da una rivisitazione generale dello stile visivo, con un completo rifacimento dello sprite e delle animazioni di Sonic, tra le altre cose. Nuovo è anche il sistema di salvataggio in memoria, che appare eccessivo alla luce delle sole sei zone di gioco previste prima dello scontro con il solito Dr. Eggman/Robotnick. Torna la modalità competitiva per due giocatori, completamente rivista rispetto a Sonic the Hedgehog 2.
Sonic 1 era suddiviso in più di 20 act ed era graficamente curato. Sonic 2 era anch’esso suddiviso in più di 20 act ed era graficamente straordinario. In più per finirli bisognava spararseli tutti di un fiato. E adesso pensate a Sonic 3. 12 acts complessivi, salvataggio ogni due e grafica pessima di 3 livelli su 6. La giocabilità è quella fantastica di sempre, ma è proprio strutturalmente che questo gioco non regge il confronto.
Claudio Tradardi - Game Power
3 febbraio 1989 - SimCity
C’era un computer portatile con uno schermo monocromatico arancione e quando quel computer non era in viaggio con il suo proprietario (adulto), era appoggiato su una scrivania e collegato a un monitor esterno a colori (per noi meno adulti). A quel punto lo schermo integrato veniva coperto da un panno bianco, mentre i pochi colori di una delle mille mappe di SimCity1 davano vita a quello esterno e ad alcuni dei miei pomeriggi. Il computer non era mio e neanche quella stanza, ma lì ci si radunava, quando si poteva, per provare di nuovo un gioco molto diverso da tutti gli altri. Più tardi, quando ho avuto accesso a una versione tutta per me di SimCity, ho passato altrettante mezze giornate a provare ad assemblare una versione digitale della cittadina alla periferia di Milano in cui sono cresciuto, Vimodrone. Gli esiti erano sempre gli stessi: a un certo punto mi rompevo, il bilancio iniziava a pendere pericolosamente dalla parte sbagliata e, allora, prima che la cittadinanza imbracciasse i forconi, gli scatenavo contro l’ira di un terremoto o di Godzilla. Non mi pento di nulla.
Qualcosa in più?
Nel 1990 il Journal, il quotidiano più letto dello stato del Rhode Island (USA), ha chiesto ai quattro candidati a sindaco di gestire una ricostruzione della città di Providence in SimCity. La stessa città che si proponevano di guidare nel mondo reale. Quello che figurò meglio fu Vincent Cianci, che vinse anche le elezioni.
4 febbraio 2010 - Dante’s Inferno
Dante’s Inferno è il primo gioco del team Visceral dopo il successo di Dead Space (2008). Il materiale di partenza è, poco sorprendentemente, quello della prima cantica della Commedia di Dante. Una scusa ben architettata per mettere in piedi un gioco d’azione sanguigno e… beh, infernale.
L’aspetto caratteristico del gioco è la natura ultra dettagliata e disturbante degli ambienti, assieme alla varietà della direzione artistica e del design delle creatura con il procedere attraverso i nove cerchi. Nessun altro gioco riesce a trasportarvi all’inferno con la stessa efficacia, si tratta della riproposizione dell’idea medievale cristiana del mondo e di quello che succede a chi finisce all’inferno.
Visceral Games
Qualcosa in più?
In preparazione al lancio di Dante’s Inferno, nell’autunno del 2009 Electronic Arts realizzò una app per Facebook chiamata “Go To Hell”, “per mandare chiunque, da vostra madre a un amico, all’inferno” (selezionando l’apposito girone).
5 febbraio 1997 - Do Don Pachi
Se vi sembra di riconoscere un tocco elegante in Do Don Pachi è perché siete di fronte non solo al seguito del sorprendente Donpachi (1995), ma anche a una nuova prova di bravura di Cave, la software house nata dalla disgregazione della storica Toaplan (Truxton, Tiger Heli, Hellfire). Do Don Pachi è un trionfo di pixel e proiettili e l’orgoglioso alfiere del nuovo filone degli sparatutto “bullet hell”. Tutto è portato all’eccesso, anche il punteggio che si spazzola via tutto quello che può con il sistema di combo e moltiplicatori, che premia ulteriormente chi riesce a sopravvivere senza utilizzare le bombe.
6 febbraio 1996 - D&D Shadow Over Mystara
Tra i dilemmi che tengono svegli scienziati e grandi pensatori, da oggi se ne aggiunge un altro. Potrà mai esistere una grafica 2D migliore di quella di Dungeons & Dragons: Shadow Over Mystara? È possibile acquistare privatamente un cabinato e metterci dentro la scheda del nuovo picchiaduro (con velleità ruolistiche) di Capcom? E se sì, è previsto poi un qualche sovvenzionamento statale per non finire a vivere sotto a un ponte? Non che sia troppo importante, una volta che si è stati testimoni del livello raggiunto da Shadow Over Mystara, in ogni suo comparto, ci si può ritenere ampiamente soddisfatti. Un cast con tante classi, biforcazioni, abilità che si evolvono, armi, incantesimi e strumenti da scegliere dalla propria dotazione in tempo reale e l’affidabilità impareggiata dei venerabili maestri di Capcom nel far muovere e scontrare ogni cosa. Un ponte andrà comunque benone.
Qualcosa in più?
I due giochi realizzati da Capcom e basati sulla licenza di Dungeons & Dragons, Tower of Doom (1993) e Shadow Over Mystara (1996), sono stati ripubblicati nel 2013 in un pacchetto unico (Dungeons & Dragons: Chronicles of Mystara), a vent’anni dalla prima uscita.
7 febbraio 1996 - Bubble Memories
Bubble Memories The Story Of Bubble Bobble III festeggia i dieci anni dal lancio dell’originale Bubble Bobble. Taito propone in sala giochi il quinto episodio di una serie dalla cronologia quantomeno confusa. Quello che conta è che lo schema di gioco, tipico dei giochi di piattaforme a schermata fissa, viene replicato con un certo successo. I protagonisti sono ancora Bubby e Bobby (o Bubblon e Bobblon), mutati in draghetti e con l’ormai usuale abilità nel produrre e lanciare bolle. Molti degli interventi apportati da Bubble Symphony (1994), come le abilità differenti dei due protagonisti o i bivi nella progressione, qui vengono cancellati e si torna a una formula più essenziale e rigorosa.
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8 febbraio 2002 - WipEout Fusion
WipEout Fusion accende i suoi motori, finalmente. Il progetto è stato a lungo rivisto, discusso, modificato e criticato anche dalla stampa specializzata, nei suoi incontri con le prime versioni proposte da Sony. In WipEout Fusion il track design propone alcuni passaggi più ariosi e in cui cercare la propria traiettoria, 32 veicoli anti-gravitazionali differenziati tra di loro secondo ben 48 parametri, delle armi speciali da sbloccare e la modalità Zona.
Qualcosa in più?
A occuparsi dell’identità visiva di WipEout Fusion non c’è più Designers Republic, ma Good Technology. In un’intervista a Ufficiale PlayStation 2 Magazine presenta il lavoro svolto, con un’onestà che, col senno di poi, avrebbe dovuto preoccupare:
[…] la nuova grafica è tutta farina del nostro sacco. Non abbiamo ‘rubacchiato’ niente delle precedenti versioni di WipEout.
Phil Gerrard - Good Technology
9 febbraio 2012 - Gravity Rush
Gravity Rush è un progetto di Keiichirou Toyama, un passato in Konami (dove ha lavorato a Silent Hill), ma già responsabile della serie Forbidden Siren per Sony. Questa volta cambia tutto e racconta la storia di una ragazza, di un gatto e di leggi della gravità che vanno a farsi benedire. Dalla mia recensione:
Gravity Rush non ha chissà quali idee, sfrutta in maniera superficiale la questione della gravità per quanto riguarda l’esplorazione e commette alcuni errori elementari quando si parla di ritmo e di varietà.
Outcast
10 febbraio 1984 - Pitfall! II
Sì, Pitfall II è nettamente uno dei videogiochi più importanti della mia vita. È stato sviluppato da David Crane e pubblicato da Activision nel 1984 per Atari 2600 e poi convertito per un’abbondante serie di altre piattaforme, tra cui il Commodore 64 su cui, nel 1985, ho iniziato a giocarci io. È ovviamente il seguito di Pitfall, lanciato nel 1982 sempre da Activision, sempre ad opera dello stesso Crane. E perché è così importante, per me, la seconda avventura di Harry Pitfall? Perché è un ricordo indelebile? Perché mi ha fatto capire delle cose sui videogiochi che prima neanche immaginavo.
Mi ha fatto scoprire, per esempio, che i giochi potevano essere portati a termine. Che potevano avere una fine. Già. In quegli anni per me un videogioco era più come un qualsiasi altro giocattolo: uno strumento con cui divertirmi, a tempo indeterminato. E Pitfall II non faceva eccezione. Lo lanciavo, aspettavo il lungo caricamento su cassetta, e iniziavo a giocarci, sentendomi di settimana in settimana sempre più a mio agio con il suo gameplay da platform esplorativo, senza mai pensare che prima o poi l’avventura avrebbe potuto avere un punto di arrivo. E quando questa cosa è successa, quando sono arrivato alla fine del gioco, l’inaspettato senso di soddisfazione era riuscito a sovrascrivere tranquillamente la potenziale delusione data dal non avere più altre cose da scoprire all’interno di quel mondo. Anche perché, come dicevo, la soddisfazione di aver finito il gioco era accompagnata dalla scoperta che, in generale, i giochi potessero finire. Una cosa che adesso sembra niente di che, ma che invece all’epoca per me fu decisamente emozionante.
Inoltre, Pitfall II aveva un world design incredibile, che potevi capire appunto portando a termine il gioco: il punto d’arrivo dell’avventura era visibile fin dalla prima schermata. La piattaforma su cui era possibile portare a termine l’esplorazione di Harry era proprio sotto i suoi piedi a inizio gioco. Solo che non potevi arrivarci, se non dopo un enorme giro largo, che corrispondeva a tutta l’avventura. Cioè, praticamente quella stessa roba del level design di Demon’s Souls e Dark Souls che negli ultimi anni mi è piaciuta tantissimo. Era in parte già presente in Pitfall II del 1984. Sì, dai, è assolutamente uno dei giochi più importanti della mia vita.
[Gianluca “Ualone” Loggia]
Un quiz!
Risposta: Pizza Pasta!
Cos’è successo nella puntata precedente?
Questa newsletter è stata riletta e corretta da Floriana Grasso: se sei alla ricerca di qualcuno che ti corregga le bozze, prova a contattarla!
A dire il vero non ho trovato alcuna testimonianza affidabile sul giorno esatto della prima pubblicazione di SimCity. Di sicuro è successo a febbraio del 1989 e quindi, per comodità, l’ho messo in questa bella posizione.
Lo sviluppo (parallelo) delle versioni home computer di Pitfall II a mio parere è uno dei momenti più interessanti di quegli anni, sia per i risultati che per le conseguenze...