DICE Awards: l'eterna lotta tra il bene e le categorie dei videogiochi
Premiati a Las Vegas i migliori del 2022.
In questo appuntamento di “Le parole dei videogiochi” mi occupo delle categorie, cioè degli scatoloni in cui proviamo a infilare i giochi per svariati motivi, uno su tutti riuscire a parlarne facendoci capire. È un discorso un po’ ammuffito, che però meriterebbe di essere rinfrescato come ha provato a fare qualcuno (Valve con il suo negozio Steam, come vedremo).
Passando a questioni più generali, vorrei mettere in chiaro che questa newsletter non ha ancora un formato preciso. Un po’ perché non sempre ho in testa qualcosa che si adatti sempre allo stesso schema, un po’ perché non sono sicuro di aver capito quale potrebbe essere lo schema. Ci si arriverà strada facendo, forse. O forse nemmeno è utile trovare un canovaccio a cui adeguarsi ogni settimana.
Buona lettura!
Macrogeneri ed etichette: passato, presente e futuro di come incaselliamo i videogiochi
Il 23 febbraio i D.I.C.E. Awards hanno preso possesso della notte di Las Vegas per festeggiare gli “outstanding achievement” dei videogiochi pubblicati nel 2022. L’evento è un appuntamento fisso da ventisei anni e a gestirlo è l’Academy of Interactive Arts e Sciences (AIAS), che riunisce all’incirca tutte le major del settore (e non solo). Insomma sono i videogiochi che premiano loro stessi, perché le votazioni sono riservate ai membri dell’AIAS. Parliamo di oltre trentamila adesioni, per quanto poi l’apporto effettivo alla serata e alla scelta dei vincitori sia limitata a gruppi più specifici di quei membri.
I 26th Annual D.I.C.E Awards sono stati trasmessi in diretta da IGN (l’intera serata è disponibile su YouTube), generando comunque un entusiasmo ben inferiore rispetto a quello che il pubblico riserva all’ormai consueto appuntamento di dicembre con i Game Awards di Geoff Keighley. Volendo esagerare un pochino, la distanza che corre tra le due serate somiglia a quella che separa il Superbowl dai Golden Globe: da una parte un carrozzone dedicato principalmente agli inserzionisti e venduto al grandissimo pubblico, dall’altra una cena tra molti amici molto noti, incidentalmente aperta a qualche telecamera.
Alcune informazioni sui D.I.C.E. Awards
“D.I.C.E.” sta per Design, Innovate, Communicate, Entertain (Progetta, Innova, Comunica, Intrattieni) e nasce come un summit a cadenza annuale, a cui si collega poi la serata di premiazione.
Chiunque sia accreditato in almeno due giochi che sono stati messi in vendita o che abbia due anni di esperienza nello sviluppo dei videogiochi, può richiedere di diventare membro dell’AIAS e prendere parte alle votazioni per i D.I.C.E. Awards. Il costo per l’iscrizione individuale è di 495 dollari statunitensi e vale un anno1.
Il consiglio di amministrazione dell’AIAS include esponenti di Riot Games, Mojang Studios, Bethesda, Nintendo, Tencent, Sony Interactive, Respawn2.
Dalle categorie alle etichette
Quello che accomuna qualsiasi premiazione è la presenza delle categorie da premiare. Nei videogiochi, le categorie stanno vivendo una lunga e noiosa fase di declino. Sono talmente estese le contaminazioni o, secondo un’altra lettura, così banali i concept in un’ampia fetta di produzioni, che tutto si somiglia pericolosamente (nei giochi ad alto budget). Non è certo un caso se il negozio digitale di videogiochi per eccellenza, Steam, tende a utilizzare le etichette (“tag” in inglese) quale punto di riferimento. E lascia che siano gli utenti ad assegnarle. L’idea delle tag/etichette nasce nel mondo dei blog di inizio anni 2000 e consente di superare i limiti di quelli che sono ormai macrogeneri incapaci di descrivere con efficacia quello a cui si va incontro.
Nella scheda di Steam di Atomic Heart (Focus Entertainment, 2023) le etichette più utilizzate sono: Horror, Mistero, Rompicapo, Contenuti sessuali. Secondo il PlayStation Store3, che come tutti i “negozi” dei tre “platform holder” (ne parleremo!) dell’universo console, continua a utilizzare le categorie classiche, Atom Heart appartiene ai generi: Azione, Gioco di Ruolo. Con Xbox4 abbiamo: Azione e avventura, Sparatutto.
Come appena visto, l’utilizzo delle etichette aiuta a comunicare in maniera molto più precisa e dettagliata l’esperienza che ci si ritroverà a vivere. Ed è significativo che le schede dei negozi di PlayStation e Xbox non si trovino d’accordo nell’utilizzare nemmeno lo stesso macro genere, preferendo in un caso puntare sul Gioco di Ruolo e nell’altro sullo Sparatutto, al di là dell’ormai inoffensivo cerchiobottismo del genere Azione. È significativo anche perché quelle schede, solitamente, sono curate dagli editori e dalle agenzie a cui si affidano e quindi dovrebbero come minimo essere compilate nello stesso modo. Giusto per completare la panoramica, segnalo che nei comunicati stampa di Focus Entertainment si parla di “action RPG”, sigh.
Categorie all’italiana
Per come viviamo i videogiochi in Italia, per come ne parla la stampa specializzata e, di riflesso, il pubblico più appassionato, la cosa va ancora peggio. Se negli anni 80 si è lavorato con fantasia e coraggio per dare vita a un lessico italiano dei videogiochi, riadattando i nomi dei generi e fondando le “nostre” categorie, lo sforzo non è proseguito nei decenni successivi. Dalle nostre parti l’approccio generale verso i neologismi inglesi va sempre più verso l’adozione del neologismo stesso e sempre meno verso l’elaborazione di un corrispettivo italiano. Il settore dei videogiochi, sottoinsieme dell’alta tecnologia e quindi di tutto ciò che si percepisce come avanguardia, non poteva che farsi ambasciatore di un simile approccio. A tal punto che generi più moderni, ma tutt’altro che recenti, non hanno praticamente mai goduto di un’italianizzazione. Action RPG diventa, nel migliore dei casi, action GdR. Roguelike e Roguelite, MMORPG e MOBA, alcuni tra i generi più frequentati degli ultimi dieci/vent’anni, siamo abituati a conoscerli solo così.
Non è di per sé un problema di grande rilevanza, anche perché mi pare che i generi, se intesi in maniera così ampia come appena fatto (e cioè senza ricorrere alle etichette), siano sempre meno utilizzati. Rimangono però un caposaldo delle serate dei premi, come quella dei D.I.C.E. Awards di Las Vegas. Nell’edizione di pochi giorni fa, i protagonisti assoluti sono stati Elden Ring (Bandai Namco, 2022) e God of War Ragnarök (Sony, 2022). Due giochi che si sono sfidati apertamente per la corona di migliore dell’anno, poi indossata da Elden Ring, ma che hanno portato a casa ciascuno una statuetta5 in veste di miglior Gioco di Ruolo e Avventura (rispettivamente Elden Ring e God of War Ragnarök). Eppure i punti di contatto tra i due sono molti e non è difficile dire che entrambi, generalmente, appartengano al macro-genere dei giochi d’azione e che, come ha detto nella stessa serata Andrea Rene di What’s Good Games6, “elementi dei giochi di ruolo sono ormai ovunque”.
Il new deal!
Avventura, azione, giochi di ruolo sono tutti contenitori che hanno perso definitivamente la loro forma e dentro cui può finirci un po’ di tutto. Nel piccolo mondo dorato che ho in testa, ogni due sere c’è un concerto dietro casa mia e ai videogiochi ci si riferisce con una sola tra pochissime mega-categorie, accompagnata eventualmente da un fiume di etichette. Per le prime terrei in vita solo: “azione”, “strategia”, “sport e guida”. “Azione” ospita tutti i giochi in cui è prevalente la necessità di una certa abilità nel coordinamento e nella velocità dei movimenti del proprio personaggio (e quindi la reattività di chi gioca). “Strategia” è tutto ciò che richiede maggiore dimestichezza con l’elaborazione di un piano o lo studio di una situazione da risolvere con la testa e non con la coordinazione tra occhi e mani. “Sport e guida” si commenta da sé.
Nel mio mondo fatto di concerti a prezzo calmierato, quindi, Elden Ring e God of War Ragnarök appartengono alla stessa famiglia, quella dei giochi d’azione. In quella dei giochi strategici farebbe bella presenza Mario + Rabbids Sparks of Hope, il gioco di Ubisoft (realizzato dagli studi di Milano, Parigi e non solo) che mette gli eroi del Regno dei Funghi di Nintendo e i Rabbids creati da Michel Ancel (Rayman) nello stesso universo. Un universo pieno di battaglie da giocare un turno dopo l’altro, spendendo punti azione ed elaborando un piano ben preciso.
DAL MIO AVVOCATO
Una dichiarazione sponantea su Mario + Rabbids Sparks of Hope
Ho frequentato e frequento alcune persone che fanno parte del team di sviluppo di Mario + Rabbids Sparks of Hope. Persone che frequento da una vita e con cui ho lavorato a lungo.
In veste di traduttore ho curato l’adattamento in italiano di entrambi i capitoli di Mario + Rabbids.
A voi decidere se questo ha influenzato la mia opinione sull’incasellamento del gioco, come andremo a vedere.
Sparks of Hope, pubblicato sul finire del 2022, è il seguito del gioco che nel 2018 ha vinto il premio come miglior esponente del genere strategico ai D.I.C.E. Awards7. Sparks of Hope era presente anche a questa edizione dei D.I.C.E. Awards… nella categoria Family Game of the Year, in cui ha trionfato. Era già successo a dicembre ai Game Award 2022: anche in quel caso Mario + Rabbids Sparks of Hope ha lottato, uscendo sconfitto, nel circoletto dei Family Game. A fargli compagnia, tra tutte e due le serate, c’erano LEGO Star Wars: The Skywalker Saga, Nintendo Switch Sports, Slatoon 3, Kirby and the Forgotten Land, Disney Dreamlight Valley, Kirby's Dream Buffet, Lost in Play, Trombone Champ.
Secondo l’AIAS:
The Family Game of the Year shall be awarded to the best title of any genre geared towards a shared, family gaming experience. The title’s play dynamics must be suitable for a younger audience but can appeal to adults as well. These games often offer a mini-game component and encourage group play.
Il Family Game of the Year dovrebbe essere conferito al miglior titolo di ogni genere pensato per un’esperienza di gioco condivisa in famiglia. Le sue dinamiche dovrebbero essere adatte a un pubblico giovane, ma apprezzabili anche dagli adulti. Questi giochi spesso includono mini-sfide e incoraggiano il gioco di gruppo.
Non ho proprio capito perché Mario + Rabbids Sparks of Hope sia finito nel cestino dei Family Game. Non ha alcuna modalità per più giocatori e nemmeno mini-sfide (o mini-giochi, che dir si voglia). Il suo tono allegro e colorato e i dialoghi assolutamente inoffensivi lo rendono perfetto per essere guardato dal resto della famiglia, ma lo stesso può dirsi di un sacco di altri giochi (non Elden Ring, ci ho provato).
Discutere delle categorie di una premiazione rischia di essere utile quanto commentare le posizioni dell’ennesima classifica dei “migliori X” di questo o quello. Però se queste categorie esistono e se non si vuole passare con più convinzione al “liberi tutti” delle etichette, usiamole con un po’ di coerenza. Anche perché aver spostato Mario + Rabbids con una spallata dai giochi di strategia e simulazione (quest’anno ha vinto Dwarf Fortress di Bay12 Games) a quelli per famiglia, ha anche impedito alla stella di Trombone Champ di brillare quanto avrebbe potuto e dovuto. E questo è un altro delitto.
Ora che hai capito che scrivo solo di roba con cui sono colluso, non puoi più rimandare!
“Per una volta quello che succede a Vegas non rimane a Vegas”, ha scherzato Cristina Nava di Ubisoft Milan, presente alla serata in rappresentanza del team di Mario + Rabbids Sparks of Hope (Ubisoft per Nintendo Switch), mentre riceveva raggiante il premio. La mia sensazione è che piazzare un gioco di rilievo per Switch nel calderone di quelli “per la famiglia”, serva più che altro a premiarlo senza pensarci troppo su, quasi fosse una cortesia dovuta a un gioco molto ben fatto. Chissà se la prossima volta potremo avere un premio al miglior: Gioco di strategia, Con personaggi pelosi, Più di quaranta colori su schermo.
PATCH!
Dettagli della patch
Una correzione rispetto a quanto scritto nella newsletter del 20 febbraio: “Free weekend: tre giorni e tanta voglia di te”. La versione demo di Octopath Traveler II è disponibile per tutti i formati e non solo Switch. Può essere scaricata anche dal PlayStation Store8 (PlayStation 4 e PlayStation 5) e da Steam (PC9).
Per rimanere in tema “Le parole dei videogiochi”: “Dettagli della patch” è come abbiamo deciso di tradurre “Patch notes” in Seamonkeys, che è poi l’agenzia di localizzazione per cui lavoro. Abbiamo discusso per un po’ sull’eventualità o meno di continuare a tradurre anche “patch”. Spesso era stato fatto utilizzando il termine “aggiornamento”, che però rischiava di rendere ingarbugliate le comunicazioni che parlano sempre più spesso sia di “update” che di “patch”. Abbiamo quindi deciso di non tradurre più “patch”, che è un termine specifico (anche) del mondo dei videogiochi e che ormai ha una sua diffusione e adozione anche dalle nostre parti. Quella qua sopra è di fatto una patch, cioè una pezza piazzata su un errore, un intervento che serve a risolvere un problema.
Ora che hai finito, che ne dici di farla girare?
Grazie a Floriana Grasso per la rilettura e le correzioni.
Adoro leggerti.