Come valutare la riedizione di un videogioco?
Modi di intendere le recensioni delle versioni rimasterizzate dei videogiochi.
In questi giorni Sony ha annunciato la prossima pubblicazione di un’edizione rimasterizzata di Horizon: Zero Dawn. Secondo alcuni pareri il gioco, pubblicato nella sua versione originale nel 2017 e realizzato dallo studio nederlandese1 Guerrilla, non meriterebbe un trattamento simile perché ancora giovane e, tutto sommato, al passo con i tempi. È un ragionamento sensato, ma è evidente da un pezzo che riproporre videogiochi anche relativamente recenti sia un modo per: 1) arricchire l’elenco delle uscite senza doversi gettare nel baratro dello sviluppo di un gioco ex novo, che comporta rischi enormi per tempi e costi richiesti, 2) continuare a mantenere vivo un nome, un brand, un franchise senza doversi gettare nel baratro dello… ci siamo capiti.
Horizon: Zero Dawn venne realizzato ai tempi della PlayStation 4 e, arrivati a soffiare sulle quattro candeline di PlayStation 5, possiamo essere concordi nel dire che di rivoluzioni e clamorosi passi in avanti, nell’ambito a cui appartiene Horizon: Zero Dawn, non ce ne sono stati. I giochi d’azione a mondo aperto con visuale in terza persona si stanno riscoprendo un po’ affaticati e un’interpretazione differente potrebbe aiutarli a scrollarsi di dosso un po’ di polvere, ma continuano a funzionare all’incirca come funzionava il gioco di Guerrilla nel 2017. Morale: non serve rifare Horizon: Zero Dawn da capo, perché sia ancora godibile quanto l’originale2, è sufficiente una stretta ai bulloni del motore grafico (texture, risoluzione, fluidità dei movimenti e poco altro).
Se il dubbio è che un’operazione simile possa rubare risorse che, altrimenti, verrebbero impegnate nella creazione di giochi nuovi, credo ce lo si possa togliere velocemente. Come nella grande maggioranza dei casi, anche questa edizione rimasterizzata non ha richiesto l’impegno dello studio titolare del franchise, perché è stata curata da uno differente, che ha fatto di questa specializzazione la sua ragione d’essere. Si chiama Nixxes, ha sede nei Paesi Bassi come Guerrilla e nel 2021 è stato acquisito da Sony. Le persone in Nixxes si sono già occupate delle edizioni per PC di Horizon: Forbidden West (il seguito di Zero Dawn), Ghost of Tsushima (di Sucker Punch), Ratchet & Clank: Rift Apart e della serie di Spider-Man (entrambi di Insomniac).
Un’altra cosa che è successa in questi giorni, e che ha a che fare con le sempre più frequenti riedizioni dei videogiochi, mi è sembrata configurare una situazione assai più complessa. Sto parlando di Dead Rising Deluxe Remaster, con cui Capcom ha riproposto su PlayStation, Xbox e PC un gioco pubblicato nel 2006. Per Multiplayer mi sono occupato di provarlo e poi di recensirlo, definendo l’operazione riuscita solo fino a un certo punto.
Il gioco cristallizzato
La quasi totalità dei commenti comparsi ai piedi del mio articolo per Multiplayer non sono d’accordo con il voto che ho assegnato. Una parte di quei commenti chiarisce anche di non essere d’accordo con quanto ho scritto effettivamente nella recensione. Alcuni, pochi, vanno controcorrente e spiegano a chi si lamenta che si sta sbagliando alla grande. Penso che abbiano ragione entrambi, perché tutti partono da un punto di vista differente, che li fa arrivare a conseguenze altrettanto diverse e lontane tra di loro.
Non vorrei doverlo scrivere di nuovo, ma mi tocca: la questione sta ancora tutta nell’interpretazione di ciò che deve o può essere la riedizione di un videogioco, che si tratti di un’operazione di facciata (rimasterizzazione) o di una che va a toccare il progetto nel suo complesso (remake). Quella del gioco di Capcom appartiene dichiaratamente alla prima categoria, è una “Deluxe Remaster” (anche perché una semplice “Remaster” era già stata pubblicata anni fa). Eppure dentro ci sono degli interventi che Capcom fa rientrare nell’alveo della “quality of life”, cioè destinati a migliorare l’esperienza di gioco e che non riguardano l’aspetto estetico. Dead Rising Deluxe Remaster ha modificato alcuni movimenti del protagonista, i modi e i tempi in cui i progressi vengono registrati, l’intelligenza artificiale che gestisce i personaggi non controllati da chi gioca e anche l’aggressività dei nemici.
Quello che ho fatto io, invece, è valutare il gioco nel suo insieme e cioè come videogioco e non come operazione di restauro tecnologico
Ma allora come va valutato un gioco simile? Cosa si dovrebbe dire di un’edizione rimasterizzata? Quali sono gli elementi da valutare: solo quelli che sono stati al centro del lavoro di rimasterizzazione? Secondo molti di quei commenti, è questo il modus operandi che avrei dovuto seguire. Il valore di Dead Rising, secondo questi commenti, è già stato determinato nel 2006 e di una versione rimasterizzata non resta che capire quanto sia stata tecnicamente migliorata e come si posizioni in questo senso rispetto a un gioco dello stesso genere realizzato in questi anni.
Pur credendo che quella appena descritta non sia la filosofia da seguire, ne capisco il senso. Quello che ho fatto io, invece, è valutare il gioco nel suo insieme e cioè come videogioco e non come operazione di restauro tecnologico.
Come detto, Dead Rising è un gioco pubblicato nel 2006 e in quasi vent’anni il suo genere di appartenenza si è evoluto in maniera molto evidente. Dead Rising è un gioco a mondo aperto e sandbox, di quelli in cui puoi fare un po’ quello che vuoi con gli strumenti che ti vengono messi a disposizione. Nel suo genere è stato un precursore, anche perché è arrivato all’alba della prima generazione in alta definizione, quando i budget e le ambizioni stavano iniziando a espandersi in maniera folgorante, stupefacente e anche (come abbiamo scoperto di recente) pericolosa.
Credo che se di un gioco come Dead Rising Deluxe Remaster si valuti unicamente l’aggiornamento e potenziamento della parte visiva, si rischi di fare un disservizio a chi legge. Si tratta pur sempre di un prodotto in vendita, che include tutto il gioco. Non è un aggiornamento digitale a disposizione di chi ha il disco del 2006 e che per pochi Euro tira una secchiata di vernice nuova su quel gioco. Dead Rising Deluxe Remaster è un gioco messo in vendita nel 2024 e che in tanti, che nel 2006 non c’erano o non erano interessati, possono voler comprare e godere… aspettandosi un gioco open world in stile sandbox all’altezza di questo momento storico. Io credo che Dead Rising Deluxe Remaster compia più di un passo falso in questo senso, semplicemente perché ci sono alcune sue caratteristiche che, lasciate inalterate o solo lievemente rivedute, rispetto a circa vent’anni fa, sono invecchiate malino.
Secondo un’altra interpretazione questo vorrebbe dire valutare in maniera ingiusta un progetto che non viene proposto come un remake. Ma non stiamo solo discutendo di parole3 e perdendo di vista il nodo della faccenda? Limitarsi a una critica della “tecnica” del gioco rischia, a mio modo di vedere, di far passare in cavalleria alcune inadeguatezze (in questo specifico caso) che chi non è un fan del gioco potrebbe voler conoscere, prima di decidere se procedere con l’acquisto. Mi pare che siano stati gli U2, un paio di anni fa, a dire che una canzone è in continuo mutamento e non è cristallizzata alla sola registrazione ufficiale con cui è stata inizialmente conosciuta. Lo dicevano, e forse lo diceva solo Bono, presentando Songs of Surrender, un triplo album in cui la band ha reinterpretato 40 canzoni del suo repertorio.
Non essendo più un gioco cristallizzato nel suo momento di successo, il 2006, Dead Rising Deluxe Remaster va studiato per quello che è: un videogioco messo in vendita nel 2024
Se si ritiene il valore di Dead Rising già determinato e non più in discussione, allora mi pare che, per coerenza, ci si debba tenere anche a distanza da questa versione. Che di modifiche ne apporta anche al sistema di gioco, come visto. Chi invece cercasse in Dead Rising Deluxe Remaster proprio la stessa esperienza del 2006, inclusi quelli che oggi possono essere degli anacronismi strutturali, dovrebbe essere infastidito dai cambiamenti introdotti in questa riedizione. Che quindi non andrebbe promossa a pieni voti.
Un gioco che devi vendere oggi
Non mi pare utile valutare un videogioco rimasterizzato limitandosi a dire cosa è stato fatto per migliorarne la gradevolezza estetica. O meglio: si può sicuramente fare, ma se devo poi tirare una riga e valutare il videogioco (che è quello che viene acquistato) e non la sola operazione tecnica, allora mi pare sensato tirare in ballo tutto. E ritengo altrettanto sensato calarlo nel contesto e nel mercato in cui si ritrova a dover sgomitare per l’attenzione del pubblico. Nel caso di Dead Rising Deluxe Remaster il lavoro di svecchiamento era necessario, come ammesso da Capcom nel momento in cui alcuni li ha effettivamente riveduti. Il mio parere è che l’operazione avrebbe dovuto coinvolgere molti più aspetti, anche dal punto di vista tecnico. Non essendo più un gioco cristallizzato nel suo momento di successo, il 2006, Dead Rising Deluxe Remaster va studiato per quello che è: un videogioco messo in vendita nel 2024 e che deve rispondere alle aspettative che si possono avere oggi su un videogioco simile.
Una precisazione importante: molte recensioni di colleghi in Italia e fuori dall’Italia hanno trovato Dead Rising Deluxe Remaster, complessivamente, un gioco migliore di quanto non lo abbia trovato io. Lo dico per specificare che questa puntata non vuole in nessun modo essere un: “gli altri hanno sbagliato, io vi porto la luce”. Ho la sensazione che una parte rilevante della critica specializzata abbia valutato il gioco seguendo i miei stessi ragionamenti (arrivando evidentemente a conclusioni differenti). Si potrebbe forse azzardare la necessità di adottare un nuovo modello per l’analisi delle edizioni rimasterizzate, in cui si scorpori il risultato puramente tecnico, che poi troppo spesso si identifica solo in quello estetico, da quello della struttura di gioco e della godibilità dell’esperienza in generale.
Ah, fortuna che non sono più responsabile di alcuna redazione!
Ci sarebbe ancora tutta una parte in più di cui da aggiungere, o di cui discutere: quella degli extra, dei bonus, delle aggiunte e non delle modifiche. I contenuti, insomma, che celebrano il gioco nel momento in cui si ripropone attraverso una riedizione. Mi tengo questa parte per una puntata focalizzata sulla preservazione dei giochi o sul racconto dei dietro le quinte che, nei videogiochi, esiste poco o pochissimo.
D-DAY!
Martedì parte Day One
Ma davvero vi eravate scordati? Dopo un lungo e divertente anno di lavoro, martedì 1° ottobre iniziano le pubblicazioni di Day One, l’almanacco illustrato dei videogiochi. Sia festa in tutto il regno!
Day One prende la forma di una newsletter quotidiana e di un podcast. Se ancora non ne sapete nulla, rimediate all’istante cliccando qui.
Martedì 1° ottobre condividerò la prima puntata di Day One con tutto il pubblico delle Parole dei videogiochi. Sarà solo per questa volta, non scappate e non disiscrivetevi all’istante! Promesso?
NON È UNA REMASTER
The Legend of Zelda: Echoes of Wisdom
Per Final Round ho giocato e poi scritto la recensione della nuova avventura di Zelda su Switch. Per leggerla clicca qui.
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A me, Horizon: Zero Dawn, non era piaciuto.
Lo so che questa newsletter si chiama “Le parole dei videogiochi”.
La questione è se la riedizione migliora l'esperienza originale. Basta dichiarare il voto dato all'esperienza originale, in modo da permettere al lettore di tararsi con la visione originale del recensione, e infine dichiarare come e perché la riedizione ha modificato il voto originale.