Signal boost: la strada per arrivare alle wishlist
I social-ripetitori per non affogare e i desideri di successo dei più piccoli.
Mi piace un sacco infilarmi nei PDF di fine trimestre fiscale di Nintendo. Forse è l’eredità degli anni in cui si discuteva delle vendite settimanali in Giappone, tra i forum e quel che rimaneva dei newsgroup nei primi 2000. O forse è solo la rilassante sensazione che mi dà il poter accedere a un sacco di informazioni ufficiali che un tempo erano inaccessibili ai più (e se ora è venuta voglia anche a voi, trovate tutto qui). È ancora più divertente quando i numeri fissano costantemente nuovi record, perché ti fanno sentire testimone di un pezzetto di storia che si compie. E Switch, in effetti, ha già ampiamente fatto la storia. Con oltre 122 milioni di console vendute e tre dei primi dieci giochi più venduti nell’intera “carriera” di Nintendo e decine di million seller, non c’è più spazio per i dubbi. Rimane da capire come verrà affrontato il passaggio di consegne alla prossima generazione (magari con più lucidità di quanto successe all’epoca di Wii e Wii U). Ma questa è Le parole dei videogiochi e quindi di parole si… ehm, beh, parla. Si parte da lì e si gravita attorno ai fatti del momento.
Buona lettura!
Signal boost: pagare in visibilità
Nella serata dell’otto febbraio, negli stessi minuti in cui un corposo ed esaltante Nintendo Direct entrava nel vivo, Twitter iniziava a rallentare fino a quasi fermarsi. Ho provato a inviare un tweet, ma non c’è stato verso. Non solo: per alcuni minuti la app mobile ha provato a spiegarmi che la mia timeline era vuota perché avrei dovuto, prima, iniziare a “seguire” qualche altro account. Per pochi ma terrificanti secondi, l’esaltazione degli annunci di Nintendo si è fatta sostituire dalla possibilità che avessi perso tutti i miei “follow” su Twitter. Non i miei “follower”, ma i profili che seguo io, che sono molto, molto più importanti. Mi sono serviti quindici anni per costruire quella che mi pare essere una rete bella ricca tra giornalisti e sviluppatori di videogiochi (c’è dentro anche molta gente della musica, ma non divaghiamo). Per me Twitter è un finestrone sempre aperto su cose che succedono in questo preciso ambito. Poi, per fortuna, qualcuno alla destra di Elon Musk deve aver sbagliato mira e ha tirato una badilata al marchingegno che fa muovere tutto quanto… e tutto quanto si è rimesso in moto.
Sì ma due cose sul Nintendo Direct diciamole:
In una delle sue ormai tradizionali trasmissioni registrate, Nintendo Direct, l’attuale leader di mercato ha presentato una serie di novità e tanti aggiornamenti sui giochi in arrivo nei prossimi mesi su Switch.
Ma arriviamo al sodo: al termine della trasmissione è stato pubblicato Metroid Prime Remastered, progetto chiacchierato per anni e infine lanciato con una sorta di “shadow drop”1 da Nintendo. Si tratta della riedizione di un classico di vent'anni fa. Ne ho scritto per IGN Italia.
I quaranta minuti di trasmissione sono stati belli ricchi e hanno dipinto alla perfezione la situazione di Nintendo: ha una console che si avvia a frantumare record a ogni nuovo trimestre e che vive in una sorta di dimensione alternativa, fatta di giochi di ieri, dell’altro ieri e, qualcuno, anche di oggi.
Nessuna tra le console della concorrenza può dire di rappresentare con più puntualità e dedizione il mercato dei videogiochi giapponese di quanto non faccia Switch (nel bene e nel male). Da simulazioni di campi coltivati a giochi di ruolo della vecchia scuola, passando in mezzo a una serie sterminata di ritorni più o meno eccellenti e riproposizioni, c’è di che scambiare il 2023 con il 2003.
Pikmin 4 avrà i pikmin ghiaccio e un coso tipo cane con due zampe. 💚
Il nuovo trailer di The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom certifica che anche al team di Aonuma servirebbe un hardware un po’ meno del 2017 e un po’ più del 2023, sigh.
Circa dodici ore più tardi Mike Bithell, titolarissimo di Bithell Games, ha scelto proprio Twitter per ringraziare chi ha preso fin da subito a cuore il suo nuovo TRON: Identity, in arrivo su PC e Switch. Non è assolutamente un caso che, per una precisa mega-fettona di realtà più o meno piccole dei videogiochi, Twitter sia diventato uno degli strumenti essenziali per le proprie operazioni, come vedremo.
“Un enorme ringraziamento a chiunque abbia aggiunto la sua voce alla nostra ieri sera, quando twitter è tornato. L’idea di uscire prima su Switch mi piace moltissimo e il responso iniziale è stato incredibile”.
Qui Bithell usa un’espressione molto precisa: “signal boost[ed]”. Ridurla all’italiano mantenendone la velocità con cui comunica la sua idea, è molto difficile e di sicuro io non ci sono riuscito. Con “signal boost” ci si rifà all’immagine della trasmissione di un segnale, che viene sospinta sempre più lontano grazie ai ripetitori o a risorse simili. Chiunque abbia parlato di TRON: Identity ripubblicando il trailer o semplicemente dicendo la propria a riguardo, ha evidentemente spinto il nome del gioco in giro per le varie sfere social.
Come sarebbe a dire che hai letto fino a qua e non hai ancora un’iscrizione ufficiale alla newsletter?
In un mercato indie come quello in cui si muove Bithell Games, promuovere l’esistenza di un gioco può aiutarlo a non soffocare prima ancora che sia completato e lanciato. In altri tempi avremmo usato semplicemente il termine “passaparola” e forse non sarebbe stato nemmeno così manchevole rispetto a quel “signal boost” di partenza. E dire che Bithell Games non è nemmeno tra chi deve lottare con le unghie e con i denti per finire in una wishlist. Il fondatore, Mike Bithell, ha saputo far fruttare il successo del suo Thomas Was Alone (2012). Nei successivi dieci anni il suo studio ha lavorato a tanti progetti, a volte molto piccoli e altrettanto caratteristici (la serie Circular), con almeno un caso che potrebbe aver fatto da apripista all’accordo con Disney per l’utilizzo dell’universo di Tron. Con John Wick Hex (2019) Bithell Games ha riadattato la serie di film di successo interpretata da Keanu Reeves in un gioco di combattimento a turni piuttosto convincente2. Insomma, Bithell ha dieci anni di attività indipendente alle spalle, con partnership di rilievo e una serie di progetti di tutto rispetto. Eppure ha ancora bisogno anche del vostro tweet.
Con una produzione di videogiochi che ha portato solo su Steam oltre 10.000 nuovi giochi nel 20213, la lotta per riuscire anche solo a far sapere che si esiste è talmente crudele che lascia per strada innumerevoli vittime. Trovare delle casse di risonanza è essenziale e con un'informazione sempre più frammentata, con la stampa di settore che è infinitamente meno trainante rispetto al mercato anche solo di dieci anni fa, con il moltiplicarsi di ogni forma di comunicazione personale a un pubblico altrettanto personale (a volte addirittura intimo, come può succedere ai content-creator che non ce l'hanno ancora fatta)... tutto fa brodo.
Il desiderio di una wishlist
Dal momento che, non solo emergere, ma anche semplicemente dare un segnale della propria esistenza, nell’oceano di nuove proposte digitali, è una mezza impresa… ci si attacca un po’ a tutto. Tra le “CTA” di siti e inserzioni pubblicitarie, ma anche in mezzo a mail che finiscono per ingolfare la cartella dello spam o deprimenti reel su Instagram, c’è spesso l’invito ad aggiungere il tale gioco alla propria “wishlist”. E per non lasciare niente e nessuno indietro: con “CTA” si intende una “call to action”, cioè semplicemente il suggerimento a fare qualcosa. Però qui stiamo inciampando nel mondo del linguaggio del marketing e il marketing ti tira via l’anima e la usa per pulirci il pavimento la domenica… quindi smetto immediatamente.
Chiunque vorrebbe finire nelle nostre “wishlist”, che esistono anche più semplicemente come “lista desideri” un po’ in tutti i negozi digitali. I più ottimisti puntano addirittura al “pre-purchase” (“pre-acquisto”), come Housemarque con il suo fantastico Returnal, di prossima uscita anche su PC dopo aver fatto sfracelli su PlayStation 5. O, per aggrapparci al tema della settimana, come ha fatto Nintendo con praticamente qualsiasi annuncio del Nintendo Direct. Non so voi, ma io devo ancora trovare una logica al “pre-acquisto” digitale: che senso ha pagare oggi dei soldi che posso scucire tra una settimana, un mese o sei mesi? Eliminato lo spauracchio di rimanere senza la propria copia, questione azzerata dalla distribuzione digitale, rimane solo l’eventualità (rara) di portarsi a casa qualche tragico bonus sotto forma di elementi di gioco ampiamente prescindibili e poco altro.
Le wishlist sono differenti e differente è il loro ruolo. Chi inserisce un gioco nella propria lista dei desideri verrà avvisato quando sarà disponibile, oppure aggiornato in caso il prezzo venga abbassato. Stabilire un legame tra un giocatore e un gioco, in un panorama che vede migliaia di proposte sgomitare e calpestarsi per farsi vedere, è il primo passo che può allontanare uno sviluppatore o un editore da un futuro incerto.
Sempre per rimanere avvinghiati a quanto già detto: una delle prime risposte al tweet di Mike Bithell tira in mezzo proprio le wishlist e la loro efficacia anche all’interno dello stesso negozio digitale a cui appartengono.
Utente di buon cuore: “Non vedo l’ora di godermi un altro pezzone di Bithell Games. Se lo aggiungo sulla wishlist su Switch funziona come su Steam?”.
Tizio che cerca di vendere il suo gioco: “A essere sinceri non lo so! Ma di certo ti incoraggerà a comprarlo quando sarà disponibile, quindi per noi è una buona notizia ;)”.
Il primo tweet fa riferimento alla possibilità che la presenza del gioco nelle wishlist di tanti utenti possa spingerne la visibilità in giro per lo stesso “store”. Ma come testimonia Bithell, le wishlist funzionano seguendo schemi, numeri e processi che noi, nella nostra limitata natura mortale, non possiamo cogliere. Le attenzioni del settore si sono soffermate principalmente sulle liste dei desideri più famose e agognate, quelle di Steam, la piattaforma di pubblicazione di Valve. Di fatto il negozio dei giochi per PC (e lì attorno).
Partendo dalle presenze del proprio gioco nelle wishlist degli utenti di Steam, sviluppatori ed editori possono provare a intuire quale sarà il risultato nel periodo di lancio.
Mike Rose di No More Robots (Descenders, Not Tonight) scriveva nel 2019 che un terzo delle vendite dei due giochi appena citati era da collegarsi a utenti che avevano inserito i giochi nella loro lista dei desideri. In un approfondimento molto interessante realizzato da GamesIndustry.biz, vengono raccolte tante testimonianze e si cerca di circoscrivere con una certa precisione come le wishlist possano influenzare le decisioni di chi sta cercando di vendere un gioco. Anche se ha qualche anno sulle spalle, vi consiglio di leggervelo tutto, o almeno le parti che vi sembrano più curiose, ma intanto ecco un velocissimo riassunto.
Le wishlist di Steam:
Creano un ponte con i propri potenziali clienti, uno strumento da sfruttare per mantenere vivo l’interesse nei confronti del gioco
Offrono informazioni aggiuntive tra cui il paese di residenza dei giocatori interessati, che può portare a tutta una serie di decisioni legate ai prezzi e all’impegno del marketing nel relativo territorio
Aiutano a farsi un’idea di quanto potrebbe vendere il gioco
Influenzano dove e come il gioco viene visualizzato e spinto su Steam
C’era già un pulsante per iscriversi più in alto, ma forse te lo sei perso. Nessun problema!
ALTRE LETTURE
C’è una newsletter dedicata agli sviluppatori e agli editori che si occupa proprio di visibilità dei videogiochi. Si chiama GameDiscoverCo e dal 2020 cerca di spiegare come riuscire a tenere la testa sopra al livello dell’acqua (e magari anche qualcosa di più). L’ultima edizione è particolarmente interessante: si intitola “Perché scontare il vostro gioco funziona: versione psicologica”, potete leggerla partendo da qua sotto.
BONUS!
Nintendo: numeri très magnifiques
Oscar Lemaire è un giornalista specializzato nel fare le pulci ai numeri dei grandi colossi del videogioco. Quando poi c’è di mezzo Nintendo, tira fuori classifiche e grafiche dentro cui perdersi. Partite dal tweet qua sotto e risalite la corrente come dei salmoni coi baffi di Mario, appoggiandovi, se è il caso, alla traduzione automatica di Twitter. Ne varrà la pena.
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