Ha senso scrivere di videogiochi sportivi?
Quattro ospiti dicono la loro sui modi con cui si recensiscono le grandi simulazioni sportive.
Sono pieno così di ricordi di videogiochi sportivi. Come lo stupore di fronte all’inspiegabile reazione della squadra che subiva un gol in World Soccer per il Master System di Sega, correva il secolo XX°. Si mettevano tutti a correre verso il lato sbagliato del campo e finivano sbranati dal nulla. A ripensarci oggi, mi pare un’illuminata rappresentazione delle contraddizioni della vita e della sua ineluttabile insignificanza (credo). Ma ricordo bene anche la primitiva eleganza di Tennis Ace, di nuovo per il Master System, le sgroppate elettriche dei pesciolini di Sensible Soccer, la scivolosa e galvanizzante pomposità di FIFA International Soccer, l’affilatissima efficienza giapponese di Perfect Eleven, e… no, non ho frequentato solo riproduzioni in codice binario del calcio.
A ben vedere, in effetti, per un bel pezzo ho provato a giocare un po’ a tutto. Ho scoperto cosa fosse un “Hail Mary” nel football americano con NFL Sports Talk Football '93 (1992) e mi sono perso negli schemi di John Madden Football ‘92 (1991). Ho provato a scalare la classifica di non so più quale uscita della serie di golf Leader Board e investito molte mance nel CD-ROM di NBA Live ‘95.
Quando ho avuto le occasioni per farlo, mi sono subito proposto per recensire qualche videogioco sportivo. Tra i miei ricordi iperglicemici preferiti, c’è il momento in cui Giorgio “Random” Baratto, responsabile di redazione del mensile Game Power, mi accorda la possibilità di scrivere la recensione di Perfect Striker (Konami, 1996) per Nintendo 64. Oppure, un anno più tardi, quella del fulminante FIFA Road to the World Cup ‘98.
Giocare e poi analizzare un videogioco è diventato più complicato con il passare degli anni, perché si sono fatti più complessi e richiedono che gli si dedichi una grande quantità di tempo. La buona notizia è che, di solito, si viene pagati molto meno di quanto serviva un terzo delle ore per vedere il doppio dei giochi. Ma non è questo l’argomento della settimana! Torniamo a noi e, nello specifico, ai videogiochi sportivi. Che di per loro non hanno subito una trasformazione evidente negli ultimi dieci anni. A cambiare non è stata la sostanza, formata dai sistemi da gioco, quanto più nella distribuzione di questi in modalità che vengono riadattate a modelli di vendita più profittevoli per i grandi editori.
Sì, insomma: le carte digitali con cui assemblare la propria squadra, sostanzialmente. E tutto ciò che sbrodola in un certo numero di rivoli che formano occasioni per spendere soldi ogni giorno, per un’intera stagione (sportiva). Le microtransazioni avrebbero affossato intere edizioni della serie NBA 2K di 2K Games, secondo svariati pareri di una certa rilevanza. Mentre la modalità Ultimate Team di FIFA (e ora di EA Sports FC) pare essere stata in più occasioni il vero fulcro attorno a cui si è mosso l’intero gioco e, quindi, anche le attenzioni del team di sviluppo. La serie di Pro Evolution Soccer (Konami) ha addirittura abbracciato in toto il modello Free to play, con un gioco (eFootball) il cui download è gratuito e che poi si mantiene in vita mettendo al centro di ogni discorso gli acquisti da fare al suo interno.
Sono come gli altri videogiochi?
Cosa vuole dire oggi recensire un videogioco sportivo, cioè un’esperienza che tendenzialmente viene vissuta online per una parte non secondaria del suo pubblico e che, per questo, viene continuamente rimaneggiata e modificata da chi l’ha creata? Esistono o dovrebbero esistere delle regole su misura per fare critica dei videogiochi sportivi?
A rispondere a queste domande (e poi ad altre) ci sono un po’ di esperti del settore, che di scrivere queste recensioni si occupano con regolarità. E allora, la recensione di una simulazione sportiva è simile a quella di un qualsiasi altro genere? Inizia Raffaello Rusconi, che da oltre venticinque anni si occupa di qualsiasi cosa includa palle, palloni, palline o motori e che lo ha fatto per innumerevoli riviste specializzate.
Trattandosi di produzioni annuali, la valutazione richiede un approccio diverso che prenda in considerazione vari aspetti e problematiche. Un team di sviluppo difficilmente potrà proporre ogni anno un titolo rivoluzionario nei contenuti (modalità di gioco), nel gameplay o nel comparto grafico.
Non tocca, insomma, considerare la nuova edizione annuale di un gioco sportivo alla stregua di un gioco davvero nuovo. Luca Forte, Responsabile news di Multiplayer e tra chi ha recensito con costanza videogiochi sportivi, espande l’argomento:
[Le recensioni dei videogiochi sportivi] sono, per la mia esperienza, le recensioni sia più semplici, sia più complesse. Semplici per il fatto che devono replicare uno sport e sai bene dove andranno a parare. Le novità sono conosciute, le modalità anche, ma qui arriva il difficile: quanto c'è di effettivamente nuovo? Vale la pena passare al nuovo capitolo?
Per Giovanni Marrelli, responsabile editoriale dell’edizione italiana di IGN, occorre rimanere per tutto l’anno dentro a un gioco sportivo, per arrivare preparati a poter recensire la versione successiva.
A mio avviso la recensione di un gioco sportivo appartenente a una serie ricorrente richiede una grande conoscenza della saga di riferimento e una certa costanza nel continuare a investirci del tempo per riuscire ad assimilare tutti i cambiamenti che, inevitabilmente, arrivano successivamente all'esordio sul mercato
Nella mia esperienza, uno dei dubbi classici nel presentare una recensione è capire a chi si sta parlando. Intanto va considerata probabile al 99,99% la possibilità che qualcuno venga a farti capire che, in un qualche punto del mondo connesso, c’è chi ne sa più di te e ha capito tutto. E quindi il problema non è più cercare di evitare che un lettore o una lettrice vengano a dirti che “hai sbagliato”, ma riuscire a farsi un’idea sensata di ciò che chi legge potrà ricavare di utile dal tuo articolo. Nel caso dei videogiochi di calcio, una recensione realizzata provando il gioco per alcuni giorni, probabilmente prima ancora che il grande pubblico inizi a prendere d’assalto i server della parte online, a chi deve o può parlare? È lo stesso dubbio che ci si pone di fronte a giochi ricorrenti che sembrano avere, ormai, un pubblico sia particolarmente eterogeneo, che assolutamente specializzato. Persone che ci giocano in maniera del tutto occasionale, affiancate a chi ci passa sopra una parte bella larga del suo tempo libero. A volte per un anno intero, fino all’uscita della versione aggiornata. Ecco, qui le parole mi hanno aiutato senza che me ne accorgessi: parliamo di una “versione aggiornata” e non di “un nuovo gioco”, giustamente.
Marino Puntorieri di Spaziogames dice la sua sulla questione. Nello spiegarmi come procede nel provare e poi stendere la valutazione di un videogioco sportivo, e sostenendo che deve “essere considerata come le altre, ovvero con le proprie peculiarità da soppesare punto per punto”, conclude dicendo:
[…] Una recensione non è una guida per gli acquisti e forse in un genere come quello sportivo, a cadenza annuale e con enorme cassa mediatica, gran parte dei lettori rischia di cadere nel tranello e di pensare che sia quello lo scopo.
Su quale sarebbe il pubblico interessato alla recensione di EA Sports FC 25, per non girarci troppo attorno, Forte ha un’idea molto precisa. Cioè, quasi…
Mi piacerebbe saperlo, perché se uno si fermasse a leggere i commenti sembra davvero nessuno. Immagino siano coloro che hanno comprato il gioco vecchio e vogliono sapere le novità di quest'anno o gli appassionati che vorrebbero capire quale prodotto è quello che meglio rispecchia le loro aspettative.
Di nuovo Puntorieri mi dice che a prescindere da chi possa essere interessato, per come ha vissuto e vive lui la dinamica delle recensioni di EA Sports FC 25 (o di eFootball di Konami, suppongo), la violenza verbale è al primo posto.
I titoli sportivi (soprattutto di calcio) sono quelli che, almeno come vedo nel caso del panorama in Italia, raccolgono più odio in assoluto tra commenti sui vari social, a prescindere della qualità o meno del progetto. So che è un concetto che si potrebbe allargare quasi a ogni genere, ma negli sportivi (soprattutto calcistici) ha un qualcosa di clamoroso.
Per qualcuno, comprensibilmente, può essere difficile concentrarsi su un articolo ben ponderato se di fronte ha: 1) un videogioco che tra alcune settimane o mesi potrebbe essere differente; 2) un videogioco che probabilmente chi vuole acquistare ha già deciso che lo farà (o il contrario); 3) un esercito di commentatori professionisti pronti a dirti che non ci capisci proprio nulla.
Mettendo da parte per un momento la maleducazione di qualcuno, Marrelli profila un altro possibile pubblico per le recensioni di un gioco sportivo ricorrente:
[Ci sono] persone che decidono di acquistare il capitolo X e giocarci anche per un paio d'anni: in questo caso, almeno per quello che mi è parso di percepire dai commenti sui nostri articoli o canali social, l'obiettivo è di sfruttare le recensioni o informarsi attraverso video e articoli per scoprire se dopo uno, due o tre capitoli, sia arrivata finalmente qualche novità significativa per giustificare il "passaggio al nuovo gioco".
Videogiochi a prova di recensione
Tornando a quanto sollevato da Puntorieri riguardo alla natura di una recensione che “non è una guida per gli acquisti”, mi chiedo: cosa dovrebbe essere? Un’opinione molto bene informata e circostanziata, che fornisce delle informazioni e un’interpretazione a chi sta leggendo, così da renderlo più consapevole di quello che c’è o non c’è dentro a un videogioco. Del perché ha senso (o non ha senso) che sia stato progettato e costruito in un certo modo. Di quanta attenzione riesce a catalizzare su di sé se messo nel contesto del genere di appartenenza. Insomma, alla fine anche tutto questo può servire, in qualche caso, a decidere se quel videogioco sia un investimento del proprio tempo o dei propri soldi adeguato alle esigenze e preferenze personali. Quindi, se lo chiedete a me, la recensione di un videogioco (tanto più se viene realizzata nello stesso periodo in cui quel gioco viene messo in vendita), avrà sempre una parte di guida all’acquisto.
Il giornalista americano Stephen Totilo scriveva su Axios, un anno fa, di come Madden NFL, la serie di Electronic Arts dedicata al football americano, sia diventata “review proof”1, a prova di recensione. Chi vuole giocare con Madden NFL, lo fa. Chi non vuole, non lo fa. Le recensioni della stampa specializzata, in tutto questo, non avrebbero più, secondo Totilo, alcuna influenza. Mi pare che la sensazione che si abbia, di fronte a EA Sports FC (e prima ancora a FIFA), sia all’incirca la stessa.
Questo passaggio di Mark Delaney su Gamespot, all’interno della sua recensione di Madden NFL 24, mi sembra molto interessante:
I videogiochi sportivi continuano a configurarsi come qualcosa di molto specifico, capaci come sono di dominare le classifiche di vendita anche se le recensioni sono generalmente tiepide, se non addirittura negative - e sono solitamente pubblicate dopo il lancio del gioco, per via dei server che non vengono attivati prima del lancio, neanche per la critica.2
Di nuovo Marrelli, questa volta sull’opportunità di continuare a recensire i videogiochi sportivi. Secondo Giovanni la parte della recensione votata a guidare (o meno) all’acquisto chi la legge, rimane valida:
Per quanto mi riguarda sì, ha sempre senso, specialmente se si tratta di un gioco che viene messo in vendita (poco importa se a prezzo regolare/ridotto), fosse anche per offrire un servizio a chi continua ad aspettare il parere di una "persona fidata" per capire se acquistare o meno quel prodotto, se aspettare un possibile aggiornamento o se tenersi stretto un capitolo precedente in assenza di particolari innovazioni.
E in questo caso, cioè quello in cui decidiamo che a qualcosa possano ancora servire le recensioni dei videogiochi sportivi, è però arrivato il momento di diversificarle da quelle dei giochi “normali” (cioè non ricorrenti e senza una parte preponderante verso la competizione online)? C’è chi, in effetti, rivedrebbe qualcosa. Dice Rusconi:
Prendiamo il caso di NBA 2K o EA Sports FC: si tratta di due serie che cambiano radicalmente se giocate offline oppure online. Farei valutare la componente offline a una persona specializzata in determinate modalità di gioco e nel gameplay e quella online a un’altra in grado di valutare le dinamiche multiplayer e l’impatto delle microtransazioni.
C’è un’ultima riflessione che ritengo sia importante fare, su questo argomento. Chi dovrebbe occuparsi della recensione di un gioco simile, per un sito dedicato ai videogiochi, ma non specializzato su quelli sportivi (e quindi tutte le persone che sono intervenute in questa puntata)? È ideale scegliere chi conosce vita, morte e miracoli del gioco, come ha detto che preferisce fare Marrelli? Perché il mio dubbio è che, in quel modo, si corra il rischio di parlare solo agli impallinati del gioco in esame. Che si possa perdere quella visione più distaccata di chi conosce la serie e la frequenta anche con una certa regolarità, senza averne però fatto un appuntamento continuo per l’intera stagione. Potremmo tornarci sopra in una prossima puntata, tra un po’.
Intanto su Day One
Procede la pubblicazione delle puntate di Day One, l’Alfetta Integrale l’Almanacco Illustrato dei videogiochi. Domani, sabato 5 ottobre, su Spotify, Apple Music e un po’ ovunque ci sarà anche la prima puntata del podcast di Day One (co-condotto da me e Alessandro Zampini, che ci mette la conoscenza della materia podcast, tra le altre cose).
Nelle puntate di questi primi giorni sono passati sotto i riflettori giochi come Grand Theft Auto Online, Mickey Mania, Prince of Persia, Space Harrier e Super Ghouls’n Ghosts.
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