Da shadow drop a sunset: vita e morte digitale
La strategia del lancio a sorpresa e certi saluti così malinconici.
Tra Early Access e preload, appena dopo l’annuncio dell’ultimo roguelite e terrorizzati all’idea di un review-bombing, ogni giorno i videogiochi e chi li frequenta sviluppano (o improvvisano) un loro vocabolario. Questa newsletter vuole partire dalle parole per poi arrivare al succo di ogni discorso che sta dietro. Prendete questo primo appuntamento come una sorta di prova generale, utile a prendere le misure (e a capire come e quanto sbagliare).
Buona lettura!
Dallo shadow drop ai ruoli assegnati
Tutto ebbe inizio quasi trent’anni fa, in una mite giornata dell’eterna primavera californiana alle prese con la prima edizione dell’Electronic Entertainment Show (o anche “E3”). Tom Kalinske, CEO di Sega, annunciò tra lo stupore generale che la loro console in uscita, Saturn, era in effetti già stata consegnata ad alcune catene di negozi degli Stati Uniti. Era l’11 maggio 1995 e 300.000 esemplari1 di Saturn erano pronti per essere acquistati, in anticipo di circa quattro mesi sulla data prevista e già comunicata a marzo dello stesso anno da Sega: 2 settembre. Non credo che all’epoca si utilizzasse l’espressione “shadow drop”, ma quello di Saturn è stato senza alcun dubbio il più eclatante caso di “lancio a sorpresa”, come diremmo in italiano.
Hi-Fi Rush (immagine in alto) è il grande protagonista delle ultime settimane nel multiverso dei videogiochi ed è anche l’eroe di questo inizio 2023. Dopo una lunga siccità, gli studi di sviluppo raccolti sotto l’ombrellone di Microsoft Game Studios hanno finalmente proposto qualcosa di nuovo. Ed è Hi-Fi Rush, realizzato da Tango Gameworks (The Evil Within, Tokyo Ghostwire) che, appunto, ha debuttato a pochi minuti dalla sua primissima presentazione. Un vero e proprio “shadow drop”.
Alcune cose su Hi-Fi Rush prima di tornare a noi:
È il primo gioco solo per Xbox Series X|S di Microsoft Game Studios (ma è stato realizzato da uno studio di Zenimax, a voler essere precisi)
È un bel gioco, se volete potete leggere la recensione che ho scritto per IGN
Ha dentro dei passaggi con Nine Inch Nails e Prodigy che levatevi. E sui riconoscimenti ci sono gli Zwan 🖤
È incluso nel catalogo Game Pass
Gli appassionati di videogiochi con già un po’ di esperienza alle spalle conoscono bene la figura mitologica dello “shadow drop”, da ben prima che si iniziasse a chiamarlo così. Mi riferisco a quelli che si sono fatti le nottate a seguire i media-briefing dell’E3 ieri e ad aspettare un nuovo annuncio ai Video Game Awards oggi. Le battute riguardo a giochi e serie ormai decadute e il cui ritorno veniva agognato, finivano sempre nello stesso modo: “ora lo annunciano e dicono che è già disponibile!”. Non succede mai. Anche per Hi-Fi Rush le cose sono andate un po’ diversamente, trattandosi di un nome del tutto nuovo, su cui nessuno poteva nutrire speranze o sognare il ritorno. A questo punto potremmo avvitarci in un discorso che dallo “shadow drop” ci porta all’impossibilità di lasciarsi alle spalle le campagne marketing di mesi, se non anni, coi loro pro e i loro contro.
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Una delle possibili conseguenze a cui vanno incontro i giochi lanciati a sorpresa, è generare curiosità. Naturalmente non accade sempre, anzi, e proprio nei giorni successivi all’arrivo di Hi-Fi Rush ho letto pareri interessanti di persone che lavorano nel marketing e nella promozione dei videogiochi, riassumibili con: “se a un gioco lanciato così va bene, a 99 va malissimo”. Insomma, c’è dell’imponderabile e serve anche un po’ di buona sorte.
In un’intervista concessa a IGN2, John Johanas ha rivelato come la scelta di percorrere la strada del lancio a sorpresa sia nata, anche, dalle reazioni di fronte al gioco dei vari team di Tango che non avevano lavorato direttamente ad Hi-Fi Rush. “Abbiamo pensato di lasciare che fosse la gente a farsi la propria idea, giocandoci direttamente. Questo perché molte delle reazioni di chi, internamente, aveva visto il gioco per la prima volta, erano tipo ‘Sembra divertente, vorrei poterci giocare subito’”, ha spiegato Johanas.
Il meccanismo dello shadow drop funziona particolarmente bene perché c’è il Game Pass di Microsoft a oliarlo. Ancora Johanas: “Se chiedi di comprare un gioco sbucato dal nulla, devi aspettarti reazioni molto scettiche. Ma il fatto che esista il Game Pass ci permette sostanzialmente di dare alla gente una demo. Solo che non è una demo, ma il gioco completo. Lo provano e poi, molto semplicemente, ne parlano con i loro amici, dicendogli quanto sia fico. Questo è quello in cui speravamo, perché tra di noi sapevamo che era speciale”.
Quando Johanas auspica che la gente possa “farsi la propria idea, giocandoci direttamente”, punta senza tanti giri di parole a dire che Hi-Fi Rush possa trarre forza dal saltare il classico passaggio delle recensioni della stampa specializzata. Da frequentatore di lungo corso delle riviste di settore, non è una prospettiva che mi lascia un sapore particolarmente piacevole in bocca. D’altronde è vero che proprio il meccanismo di Game Pass e delle quintalate di contenuti sotto abbonamento, porta a un approccio del tutto differente ai giochi da parte dei giocatori. Così come accade agli sviluppatori e agli editori stessi, come ci ha appena spiegato il Director di Hi-Fi Rush.
Nick Baker di Xbox Era ha affidato a Twitter una valutazione un po’ populista, se vogliamo, ma che contiene comunque qualche elemento interessante.
“Lo shadow drop di Hi-Fi Rush è la strategia *perfetta* per questo gioco in particolare, perché gli ha permesso di evitare le solite stronzate tipo ‘LOL non è un AAA’, ‘MS ha obbligato Tango a fare ‘sta schifezza’. ‘LOL grafika da cartone’, che avrebbero infestato Twitter e Reset [Era] per mesi, prima del lancio. Bella mossa.”
Ora, qui sopra c’è una percentuale di vittimismo di cui tenere conto, ma sono d’accordo sul fatto che un lancio a sorpresa lasci poco spazio di manovra all’inutile ciarlare basato su poco o nulla. Che tagli le gambe alle illazioni, lasciando spazio ai fatti, sotto forma di opinioni che, tecnicamente, ci si può formare abbastanza facilmente provando Hi-Fi Rush in prima persona. I mesi o addirittura gli anni che precedono il lancio di un gioco possono essere terreno fertile per le più stucchevoli o sterili prese di posizione.
Kelly Lombardi è Global Product Marketer per Xbox. Con una serie di tweet ci ha tenuto a sottolineare come lo “shadow drop” non sia la tecnica segreta che può regalare il successo a ogni gioco.
In un messaggio precedente si rivolge al pubblico dei videogiochi con toni più sarcastici: “Prima alcuni di voi dicevano ‘il marketing deve dirmi tutto, voglio sapere ogni cosa durante ogni fase dello sviluppo’ e all’improvviso ‘shadow drop sempre e comunque!’: un’inversione a U talmente improvvisa che mi sono beccata un bel colpo di frusta” .
Il sunset delle speranze
Pensionare un videogioco è un problema che ci si è iniziati a porre da relativamente poco tempo. Quelli che vengono chiamati “Games as a Service” (GaaS, in un acronimo che in italiano non fa una grande figura), possono e devono prevedere un momento in cui quel servizio non è più richiesto o i cui costi di mantenimento non sono più sostenibili.
Nelle prime settimane del 2023 sono stati molteplici gli annunci di GaaS prossimi ad appendere i controller al chiodo. La fine della disponibilità di un gioco simile va comunicata con largo anticipo e con una certa dose di delicatezza, perché di fatto sancisce la decisione unilaterale di impedire ai suoi appassionati di continuare a giocarci. Vengono spente le luci, si abbassa la serranda e, nella stragrande maggioranza dei casi, quel gioco di fatto non esiste più.
Forse anche per questo si è iniziato a utilizzare un termine inconsueto per indicare il momento del saluto: “sunset”, tramonto.
Nel tweet di Respawn Entertainment che dichiara finita la corsa di Apex Legends Mobile, a partire dal 1° maggio 2023, “sunset” è utilizzato come verbo: “abbiamo deciso di far tramontare Apex Legends Mobile”. L’immagine è inoffensiva, placida e ha un qualcosa di romantico e malinconico. Non che ci sia troppo di che romanzare, quando il tramonto arriva a un anno dal lancio (17 maggio 2022) e se il nome coinvolto è di quelli che dovrebbero far tremare le classifiche (Apex Legends, appunto).
È andata anche peggio a Rumbleverse. Il gioco di Epic e Iron Galaxy (Killer Instinct) ha fatto sapere al suo pubblico che i server saranno spenti il 28 febbraio, dopo poco più di sei mesi dall’accensione (11 agosto 2022). In questo caso l’annuncio sceglie di utilizzare “sunset” come sostantivo. Potete trovare entrambe le immagini relative alla notizia in cima a questa sezione: la prima è quella pubblicata sulla versione inglese del sito ufficiale, la seconda su quella italiana.
Percorso simile anche per Knockout City, che perlomeno arriverà a spegnere le due candeline. Due anni per un Game as a Service non sono un risultato poi così deprimente. Il gioco è stato concepito e realizzato da Velan Studios, l’etichetta fondata da Guha Bala e Karthik Bala, già a capo di Vicarious Visions (Tony Hawk’s Pro Skater, Skylanders) e supportato fino al 2022 da Electronic Arts. Circa dodici mesi fa EA si è defilata, Velan Studios ha preso il controllo completo di Knockout City e ha azzerato i costi di accesso: Game as a Service + Free to Play. Le cose non sono andate comunque come sperato, perché il Director Jeremy Russo, nella lettera aperta al suo pubblico con cui ha annunciato il tramonto, dice: “Nonostante oltre 12 milioni di giocatori e miliardi di KO in ogni angolo del globo, per attirare un pubblico sufficiente a rendere il progetto sostenibile, ci sono svariati aspetti del gioco che necessitano di essere rivisti da zero”. Ai giocatori della prima e unica versione per il gioco online della palla prigioniera rimarrà comunque la possibilità, in futuro, di scaricare una versione di Knockout City che potrà essere giocata attraverso dei server locali.
Consentire a un gioco con un passato commerciale di continuare a vivere attraverso le iniziative personali del suo ex (o futuro) pubblico, è un’accortezza rara e va riconosciuto a Velan Studios di essersi distinta in questo caso. D’altronde quello della scomparsa di fatto dei giochi disponibili solo in formato digitale o, come in questi casi, la cui esistenza è garantita solo dagli investimenti dell’editore sulle infrastrutture online a cui accedere, è un problema che prima o poi toccherà prendere sul serio. La conservazione dei videogiochi deve già oltrepassare una serie di ostacoli di cui musica, film e opere stampate non devono minimamente preoccuparsi (e grazie al cielo la sempre attiva e generosa scena dell’emulazione riesce, ogni giorno, a circumnavigare i limiti degli hardware originali e dei formati tutt’altro che universali). Se a questo si aggiunge l’esistenza non solo di giochi venduti unicamente in formato digitale e il cui destino è nelle sole mani di chi ha le chiavi dei negozi online attraverso cui vengono venduti, ma anche di esperienze di gioco multiplayer online i cui server vengono (comprensibilmente) resi inaccessibili… beh, si fa tutto molto più complicato.
Per rendere le cose meno complesse, Turtle Rock Studios (Left 4 Dead, Evolve) ha imboccato un’altra strada. Il suo Back 4 Blood, un gioco in cui due squadre di giocatori si affrontano nell'ennesima interpretazione di guardie e ladri, non riceverà più contenuti inediti. L’annuncio è di inizio febbraio, ma somiglia solo fino a un certo punto a quelli degli altri colleghi “sul viale del tramonto”. Turtle Rock Studios si limita a suggerire che il percorso di Back 4 Blood sia arrivato alla sua conclusione, dopo tre innesti di contenuti aggiuntivi, e che il team non abbia le risorse per continuare a occuparsene mentre sviluppa un nuovo gioco. C’è un “ma” ed è bello grosso: Back 4 Blood rimarrà a disposizione attraverso gli store ufficiali delle varie piattaforme e, al momento, è incluso nei cataloghi su abbonamento sia di PlayStation che di Xbox. La battaglia tra Sterminatori e Infestati potrà proseguire, almeno per ora.
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BONUS!
In Rainbow Roads: male ma bene
In Rainbows è uno dei dischi più lancinanti della carriera dei Radiohead, che già di per sé può fregiarsi di una certa serie di album amabilmente tristoni. Super Mario 64 è il portabandiera dei videogiochi colorati e allegri, nella storia dei videogiochi allegri e colorati. Cosa succede se si prova a rielaborare tutto In Rainbows con i suoni di Super Mario 64? Se lo è chiesto on4word, che poi si è anche dato una risposta.
In Rainbow Roads è il titolo scelto per lo scontro umorale di cui sopra e si può ascoltare tutto su Bandcamp. Io l’ho fatto e non sono sicuro di esserne uscito meglio o peggio (ma comunque è un gran bel lavoro: sia quello dei Radiohead, che quello di Nintendo, che questo di on4word).
Pensi che “Le parole dei videogiochi” sià già un nuovo classico?
Grazie a Floriana Grasso per la rilettura e le correzioni.
Mattia, sempre un piacere leggerti!
esci giusto il giorno in cui Nintendo shadowdroppa metroid prime remastered